Perché non è mai venuto a Cannes
di Jerome Garcin
Il delegato generale del Festival di Cannes, Gilles Jacob, ha
sognato a lungo di accogliere sulla Croisette il regista di Full Metal
Jacket. Invano. Qui ci spiega perché.
Che posto darebbe a Kubrick nel cinema contemporaneo?
Per me, sarebbe un fraintendimento dire che Kubrick è stato
uno dei geni del cinema. E' molto raro vedere un artista vivente passare
alla posterità. L'arte di Kubrick, permette di affermare senza
paura di sbagliare, che ci sono dieci, venti, trenta immagini dei suoi
film che sono impresse nella mente di tutti e delle quali si è
sicuri che si trasmetteranno di generazione in generazione. Kubrick aveva
scelto di privilegiare il cinema alla vita. Tutto il suo tempo era consacrato
alla creazione e se egli viveva come un recluso, se il suo desiderio di
perfezionismo portato al culmine gli faceva posticipare la fine dei suoi
film, era perché solo questo gli interessava: l'arte della messa
in scena, l'inquadratura, la luce, i movimenti di macchina, il gesto di
un attore, unico labirinto, per parafrasare quello di Shining,
dove lui amava perdersi. Odissea nello Spazio o no,
Kubrick è sempre stato un cineasta stupefacente che girava i generi come un guanto,
guizzando con sarcastico pessimismo tra la minaccia nucleare, l'ultraviolenza,
la conquista dello spazio, il quoziente di intelligenza...
Qual era secondo lei il suo?
Era considerevole, anche se a volte si perdeva nell'ossessiva minuzia
con la quale studiava non solo le problematiche che erano sollevate dall'opera
i corso (arrivava a farsi comunicare l'annuario telefonico della cittÃ
di Chicago per verificare se l'Untel era abbonato nel 1964), ma anche
tutto quello che riguardava la promozione dei suoi film: la sala cinematografica
della quale conosceva tutte le caratteristiche a perfezione, era rifiutata
in quanto la distanza tra la prima fila di sedie e lo schermo non era
soddisfacente, etc. Sarà in ogni caso considerato un visionario
incomparabile, un barocco, un demiurgo del quale le parabole e le considerazioni
filosofiche conducevano irrimediabilmente a quel nulla verso il quale
lui tendeva.
Lo ha mai incontrato?
Sì, a Los Angeles alla fine degli anni cinquanta, dove lo avevo
intervistato per Orizzonti di Gloria. Lui non era ancora Stanley
Kubrick, ma un giovane e appassionato cineasta, l'occhio bruciante di
una febbre inedita, affiancato da quello che all'epoca era il suo produttore,
James B. Harris. E trattandosi di un film che era allora proibito in Francia,
mi fece un discorso che poteva essere considerato da europeo. Mi aveva
mostrato delle fotografie di riprese di una bellezza notevole ma di un
formato estremamente scomodo! Che lui stesso aveva determinato. La sua
ricchezza creativa eccezionale, gli aveva permesso poco a poco di conquistare
un'assoluta indipendenza nei confronti degli Studios hollywoodiani, per
i quali la sua immagine aveva conquistato un valore enorme.
Ci sono i film di Kubrick, ma c'è anche la sua
leggenda.
Sicuramente esiste. Senza dubbio vi sono, nella storia del cinema,
dei casi di registi che grazie alla loro genialità o meticolosità
hanno conquistato una notevole indipendenza nei confronti dell'industria
cinematografica. Per esempio Eric Von Stroheim, maniaco al punto da esigere
di controllare il contenuto dei cassetti nel film Femmine Folli.
Fritz Lang, estremamente esigente durante il suo periodo "tedesco",
tanto da controllare la posizione della telecamera al millimetro. Sternberg
non doveva essere molto lontano dalla definizione che di lui davano i
suoi collaboratore, "pazzo furioso". Ma il caso del padre del
Dottor Stranamore è unico, nella misura in cui il gusto
del mistero, del segreto, dell'isolamento e del perfezionismo sono diventati
nel corso degli anni elementi costitutivi della sua personalità.
Al punto di non poter capire fino a dove si trattava di arte, o dissimulazione
dovuta a ragioni di sopravvivenza, oppure protezione della sua opera dalla
possibile contaminazione, fino ad un gioco mortale portato avanti allo
scopo di vincere la partita. Questo segreto Kubrick, adesso che ha gli
occhi chiusi, lo ha portato con sé.
Per quale ragione non è mai venuto al Festival di
Cannes, oppure come mai non siete mai riusciti a convincerlo?
Il discorso non è stato quello di lesinare gli sforzi per
convincerlo, oppure di fargli accettare delle condizioni estremamente
favorevoli. Vi sono principalmente due ragioni: prima di tutto non amava
viaggiare. E poi si parla ampiamente del suo gusto per la solitudine,
tanto che a volte si fermava davanti alla casa del suo interlocutore e
gli parlava al telefono, dall'interno della macchina. Bisogna anche dire
che i suoi film erano molto raramente dei grandi film internazionali,
che la loro uscita era programmata per la fine dell'anno negli Stati Uniti
e per il periodo degli oscar in Europa, cioè a marzo. Per un certo
periodo il Festival ha addirittura pensato di cambiare le sue date. Avrei
voluto avere Kubrick come presidente di giuria. Ovviamente non sarebbe
venuto: abbiamo allora pensato di inviargli i film nella sua sala di proiezione,
cosa che avrebbe apprezzato moltissimo. Lui si teneva al corrente del
lavoro dei suoi confratelli, avrebbe preso le decisioni con gli altri
membri della giuria tramite collegamento satellitare. Ovviamente avevamo
programmato quest'evento per il 2001... Adesso che è scomparso
e che il nostro progetto non può più essere realizzato, vi lascio
il compito di decidere se il nostro sogno avrebbe potuto realizzarsi o
se abbiamo solo fantasticato...
E' possibile che il suo film postumo, Eyes
Wide Shut, sia presentato al prossimo festival di Cannes?
E' una domanda alla quale non posso rispondere per ragioni che voi
capirete. Attribuisco troppa importanza alla questione per parlarne prematuramente,
alla leggera e senza ulteriori approfondimenti.
Pourquoi il n'est jamais venu à Cannes, di Jerome Garcin
Le Nouvel Observateur, numero 1818
Traduzione dal francese per ArchivioKubrick di Rufus McCoy