Io lo conoscevo bene
di Pietro Calderoni
Da Cassino a Londra: una vita passata alla corte di Stanley Kubrick.
Chi ha visto
Eyes Wide Shut forse se lo ricorderà:
è il giornalaio
che vende un quotidiano a Tom Cruise. Una piccola comparsata, certo. Eppure
dietro quell'apparizione nell'ultimo film di Stanley Kubrick si nasconde
la storia di una lunga, e poco nota, amicizia. Quel "giornalaio",
infatti, si chiama Emilio D'Alessandro, è nato a Cassino 59 anni
fa, ma ha passato trent'anni della sua vita al fianco del grande regista
(scomparso domenica 7 marzo 1999) prima come autista, poi come assistente,
infine come segretario tuttofare, confidente e amico... Ora D'Alessandro
è tornato a vivere a Cassino, in una graziosa villetta a due piani,
immersa nella campagna. Alle pareti della cucina alcune foto incorniciate
che lo ritraggono con la famiglia Kubrick nel giardino della casa di St.
Albans, vicino Londra. Sul frigorifero, un'immagine di Nicole Kidman sul
set, e quella dell'ultima Rolls-Royce guidata per conto di Kubrick. La
moglie inglese di D'Alessandro, Janette, ci offre tè e pasticcini,
mentre lui apre un grande album di fotografie, lo sfoglia, e comincia
il suo racconto...
"Era il 1960, avevo 19 anni, stavo qui a Cassino, e avevo una gran paura di
andare a fare il militare: le marce, le armi... Ho preferito scappare
in Inghilterra con degli amici. Dopo qualche tempo, a Londra, la polizia
ci rintracciò e ci disse: Se andate in Italia finite in galera,
se restate qui vi devete trovare un lavoro... Non c'era molto da scegliere."
Nel 1962 si sposa con Janette, e anche il lavoro va bene. Siccome ha sempre
avuto la passione per le auto (ha partecipato anche a delle corse) viene
assunto come autista di taxi per conto di una piccola società.
"Un bel giorno," ricorda, "era il 1970, a Londra aveva nevicato
e c'era ghiaccio dappertutto. Mi dissero che avrei dovuto trasportare
un enorme oggetto da una parte all'altra della città. Sono andato
in un capannone e, con grande stupore, scoprii che si trattava di un enorme
fallo che poi ho consegnato sul set del film
Arancia Meccanica. Quella è stata la prima
volta che ho lavorato, senza saperlo, per
la società di mister Kubrick. Qualche tempo dopo sono stato convocato
ad Abbots Mead, la casa di allora di Stanley Kubrick, a Elstree Herts,
una zona fuori Londra, dove c'erano degli studi cinematografici. Kubrick
teneva in mano un ritaglio di giornale dove si parlava dei miei trascorsi
di pilota, e mi chiese se volevo lavorare solo per lui. Avrei dovuto guidare
la sua macchina, una bellissima Mercedes bianca. Auto così ne avevo
viste solo al cinema e rimasi impressionato tanto era lussuosa. Ho notato,
però, che non era decapottabile, e gli ho chiesto il perché.
Mi rispose che aveva un incubo ricorrente: avere un incidente, con la
macchina che si ribaltava e lui che moriva per colpa della mancanza della
capote!"
Quel primo incontro con Kubrick lascia in Emilio una impressione indelebile, che
ancora oggi non si è sbiadita: quella di un uomo calmo, che non
strillava mai ("Se ti doveva dire una cosa, non te la diceva mai
a caldo, faceva passare qualche giorno, poi tornava sull'argomento e ti
faceva notare come la pensava lui"), ma anche di un uomo solitario,
insicuro, pieno di paure, soprattutto nei rapporti con le persone. Ecco
un altro episodio: "Nel 1975 iniziarono i sopralluoghi per Barry
Lyndon e io cominciai a girare con Stanley. Ci siamo conosciuti meglio.
Io gli piacevo perché ero tranquillo come lui, non bevevo, non
andavo a donne, del resto, ero felicemente sposato con Janette... Mi incaricò
di stare con gli attori, portarli in giro, riceverli all'aeroporto, fargli
vedere dove abitavano. Io ero il primo che li incontrava. Kubrick sempre
insicuro e sospettoso mi chiese di fare delle domande per scoprire cosa
pensavano veramente di lui, che commenti facevano." D'Alessandro
fa una pausa, beve un sorso di tè poi aggiunge con un sorriso carico
di malizia: "Sia Ryan O'Neal che Marisa Berenson erano terrorizzati!
Lei, in macchina, mi disse che lui aveva una fama di regista burbero con
gli attori, io la tranquillizzai. Per strada ci siamo fermati a mangiare
in un bugigattolo per camionisti. Appena entrati c'è stato un fischio
d'ammirazione. Non ci abbiamo fatto caso. Ci siamo mangiati degli ottimi
panini col formaggio e poi siamo usciti. Un altro fischio ci ha salutato.
Quando siamo arrivati sul set, Kubrick mi è venuto incontro timoroso
che la Berenson avesse fame; io gli dissi che avevamo già mangiato.
Rimase sorpreso: ma come, disse, con tutti i soldi che mi fanno spendere,
questa poi si mangia pane e formaggio con te! Ma era soddisfatto di quella
mia iniziativa."
D'Alessandro ormai non è più solo l'autista di Kubrick, ma anche il suo
assistente. L'unico che può entrare nel suo studio ("Non dovevano
mai mancare penna, inchiostro e bloc-notes"), che deve provvedere
a tutto in casa ("Stanley mangiava solo carne, io dovevo comprare
due bistecche al giorno: una per lui e una per il suo cane. Poi quando
si è sparsa la voce di non so quale morbo, si è messo a
mangiare solo salmone!"), e badare ai suoi adorati animali, cani
e gatti soprattutto: "Se uno dei suoi cani stava male, io andavo
a chiamare il veterinario che doveva dormire a casa Kubrick finché
l'animale non migliorava... Mentre il suo gatto prefirito dormiva in una
stanzetta climatizzata, e io ogni mattina gli dovevo portare acqua Evian
ed erba fresca da mangiare."
Una foto di gruppo nel giardino della villa a St. Albans: da sinistra Christiane, Ian Harlan, Stanley, Emilio e Andros Epaminondas, più due degli amati cani. 1994
Quando Kubrick
non stava in casa, Emilio aveva il compito di lasciargli scritto su un
foglio, in busta chiusa, le cose e gli appuntamenti da fare, altrimenti
passava le giornate praticando il suo hobby preferito: gli scacchi. Partite
accanite, dove non voleva assolutamente perdere. "Se aveva dei dubbi
si attaccava al telefono con qualche amico esperto e gli chiedeva la mossa
migliore da fare." Un'altra passione di Kubrick ("una vera e
propria mania", secondo D'Alessandro) era quella di vedersi tutti
i film in uscita: "Ogni settimana si vedeva 3 o 4 film che gli proiettavamo
io o il suo assistente greco Andros Epaminondas. Gli piacevano molto i
film di guerra, per questo credo che, in fondo, il suo film preferito
fosse Orizzonti di Gloria con Kirk Douglas. Mi ricordo che c'era
un film che gli piaceva tanto dove Dean Martin cantava la famosa canzone
That's amore!, e a un certo punto recitava la battuta: "Pasta
e fasuli". Kubrick mi ha chiesto che battuta fosse, e quando gli
ho detto che era un cibo italiano mi ha chiesto subito di cucinarglielo.
Ma allora si è accorto che cucinare la pasta era facile e non finiva
mai di volerla. Il suo piatto prefirito era la pasta alla bolognese, con
le salsicce!"
Kubrick usciva poco di casa e quando lo faceva era per andare a sentire dei concerti
alla Royal Albert Hall, o sua figlia Vivian che faceva la concertista.
"A lui, invece, piaceva suonare la batteria, in casa, o da solo con
altri amici. Ha provato anche la batteria elettrica, quella che si suona
premendo i tasti, ma una volta mi disse ridendo che preferiva battere
le stecche che premere un pulsante. L'ultima batteria gliel'ha regalata
la figlia, Vivian, purtroppo non ha fatto in tempo ad usarla..."
Kubrick non ha mai frequentato molte persone, non ha mai avuto molti amici. Una
delle occasioni per incontrarli era la festa nazionale del 5 novembre,
Guy Fawkes; quel giorno a St. Albans organizzano dei bellissimi fuochi
d'artificio. "Stanley sentiva spessissimo poche persone: Jack Nicholson
e Ryan O'Neal, con la figlia Tatum che giocava con le figlie di Kubrick.
Quando ha girato 2001: Odissea nello Spazio, frequentava spesso
George C. Scott e Peter Sellers. Poi gli piacevano molto Ennio Morricone
e Nino Rota. A quel tempo si faceva vedere spesso George Lucas, con cui
è diventato amico, e poi c'era Steven Spielberg. Ultimamente Tom
Cruise... Ripeto, se doveva mantenere un qualche tipo di rapporto, lo
faceva per telefono. Con Federico Fellini, per esempio, si sentiva spesso
spesso, ma non parlando una parola d'italiano ero io che facevo da interprete.
Kubrick era curioso. Così mi chiedeva di domandare a Fellini come
aveva girato quella tal scena, poi voleva sapere come mai Nino Rota aveva
scelto proprio quella musica, e Fellini mi rispondeva. Si scambiavano
idee sui film italiani... Un altro regista che "spiava" era
Spielberg. I due si sentivano spessissimo. E ogni tanto, con la scusa
di consegnargli un bigliettino di saluti, Kubrick mi mandava sul set di
Jurassic Park dove Spielberg stava girando. In realtà, mi
chiedeva di spiare come girava o se Spielberg aveva seguito i consigli
che lui gli aveva dato telefonicamente."
Nel 1980 Stanley Kubrick è indaffaratissimo con Jack Nicholson e Shelley
Duvall nelle riprese di Shining, così prega Emilio e Janette
di scorrazzare i suoi genitori, invitati in quel periodo a Londra: "Credo
che siamo riusciti nell'impresa: i genitori, infatti, sono andati da Fortnum
& Mason e ci hanno regalato un gigantesco pacco pieno di dolci e prelibatezze
di ogni genere. Kubrick è stato felicissimo. Mia moglie Janette
era diventata una specie di assistente personale di Christiane, la moglie
di Kubrick. Sotto le feste di Natale uscivano insieme a comprare regali
per tutti e poi, a casa, facevano insieme i pacchetti. Janette gli faceva
anche da sarta. Quando invece i Kubrick avevano bisogno di qualcosa di
più speciale, un vestito per lei, un abito per lui, si rivolgevano
allora a Willie Rothary, uno dei costumisti di Barry Lyndon, che
lavorava vicino al castello di Windsor e cuciva anche per i reali.
Stanley era così, cercava sempre di usare gli amici o collaboratori
di lavoro."
Il rapporto tra Emilio e Kubrick si fa sempre più intenso, indissolubile, tanto
che Kubrick, in segno di riconoscenza e stima, mette il nome di D'Alessandro
come assistente alla produzione nei titoli di coda dei suoi ultimi tre
film: Shining, Full Metal Jacket e
Eyes Wide Shut.
Nel 1974 Janette viene ricoverata in ospedale, e D'Alessandro essendo
occupatissimo con Kubrick che sta preparando Barry Lyndon non sa
come sistemare i figli piccoli. "Kubrick mi ha detto di non preoccuparmi:
'Porta i bambini a casa nostra, ci pensiamo io e Christiane.' Sono
stati per un mese a casa Kubrick! In occasione della prima comunione di
nostra figlia Marisa, Stanley, con tutta la famiglia, è venuto
a casa nostra per festeggiare. E agli amici, quelli veri, non teneva segreto
nulla, neppure del suo lavoro. Una volta, per esempio, mi ha detto di
portare tutta la famiglia sul set di Shining per assistere alle
riprese della scena del ragazzo inseguito nel labirinto da Nicholson con
l'accetta. 'Vi divertirete', mi assicurò."
Anche nei ricordi di Emilio D'Alessandro, Kubrick appare come un perfezionista sul
lavoro. "Giunto verso la fine delle riprese di Barry
Lyndon",
ricorda Emilio, "Kubrick mi ha detto che aveva qualche problema con
la musica fino ad allora composta." Così chiamò Ennio
Morricone. "Morricone era un altro che aveva timore di Kubrick, nel
solito viaggio in macchina dall'aeroporto a casa mi ha domandato se era
burbero: io l'ho tranquillizzato, ma lui mi ha chiesto di rimanergli accanto
per tutto il tempo del colloquio. Terminato Barry Lyndon, Kubrick
ha ricominciato a pensare a un suo vecchio progetto, un film su Napoleone,
sostenendo che i vestiti di Barry Lyndon potevano benissimo
essere usati per Napoleone."
Nel 1978 i Kubrick lasciano la casa di Elstree Herts, e si trasferiscono a
St. Albans ("Mi ricordo che per arredare il suo nuovo salotto mi
ha chiesto di prendere dal set l'immenso tavolo usato in
Shining"); i D'Alessandro abitavano lì vicino,
a Edgware, non più di due chilometri: "E' stato a quel punto che
Kubrick mi ha chiesto
di andare a vivere con la mia famiglia dentro la sua residenza: avremmo
potuto scegliere uno dei cottage o, se avessimo preferito, proprio in
casa con lui. Ma ho rifiutato. Se già così passavo 20 ore
al giorno con lui, gli ho detto, figurarsi se fossi vissuto in casa sua...
Si fidava solo di me. Avevo le chiavi dei suoi due studi personali: non
ce l'avevano né la moglie, né quelli della sicurezza. Non
c'era servitù. C'eravamo solo io e lui."
Nel 1990, dopo quasi trent'anni passati insieme, D'Alessandro comunica a Kubrick
che nel giro di quattro anni lascerà Londra per tornare definitivamente
in Italia, a Cassino. "L'ho consigliato di cercarsi un'altra persona,
ma lui niente. Solo quando ho venduto la casa è venuto da me e
mi ha detto: allora è vero... Poi con una serie di scuse, e dopo
averci affittato una casa, ci ha costretto a rimanere un anno in più.
Finalmente nel '94 siamo partiti. Per la festa d'addio invitò tutti
i suoi amici più cari e i miei. Ci siamo fatti un sacco di foto.
E' stato tutto molto bello e molto commovente. Ha pianto, e anch'io. Gli
ho detto che volevo tornare a Cassino, nella mia terra, che volevo tornare
a lavorare con il trattore... Mi ha guardato per un momento poi serio
mi ha chiesto: non ci puoi mettere un telefono sul trattore, così
ti chiamo?"
Ma non è finita. "Nel 1996 io e Janette siamo andati a Londra a trovare i
nostri figli rimasti a vivere lì. Kubrick ci ha invitati a cena
e mi ha detto: mi serve aiuto per 6 settimane. Mi ha parlato di Eyes
Wide Shut, degli attori, della storia. Solo 6 settimane, ha piagnucolato.
Ho accettato. Sono rimasto lì altri due anni, fino a quel maledetto
marzo del 1999. La mattina di sabato 6 marzo, Stanley mi ha telefonato
a casa per sapere se l'indomani, domenica, sarei passato comunque da casa
sua. Il giorno dopo, infatti, ho sbrigato un po' di corrispondenza poi,
senza svegliarlo, verso le dieci gli ho lasciato la solita nota scritta
sotto la porta, avvisandolo che non c'erano novità dagli Stati
Uniti e che poteva riposare fino a tardi. Alle quattro del pomeriggio
ha squillato il mio telefono di casa. Era Jan Harlan. Mi ha detto:
'Emilio, Stanley è morto.'"
Ciak, Luglio 2000