Le guerre di Stanley Kubrick
di Sergio Triolo
Ad un anno dalla morte di Stanley Kubrick, incontro a Gemona,
al vernissage della mostra Stanley Kubrick: verso il 2001,
Michel Ciment, redattore della celebre rivista francese di critica cinematografica
Positif, docente di civiltà americana alla Sorbonne,
nonché estensore della biografia ufficiale del regista newyorchese,
pubblicata in Italia alcuni mesi fa per la Rizzoli e ampliata rispetto all'edizione
francese del 1981.
"The Killing - dichiara Ciment - mi fece scoprire Kubrick.
Fu un film rivelazione per la critica, in quanto permise di osservare attraverso un noir
il vero volto della società americana. I due film che seguirono,
Orizzonti di Gloria e Spartacus,
gli valsero la bollatura di cineasta di sinistra. In realtà, racchiudere Kubrick
in una categoria politica è riduttivo."
Per chi ama Kubrick, Michel Ciment è una vera miniera di notizie, di aneddoti
accumulati in più di trent'anni di amicizia: "Lo conobbi continua Ciment grazie
ad un'intervista in occasione dell'uscita di 2001: A Space Odissey;
in realtà fu difficile farlo rispondere. Capii in fretta che piuttosto
egli amava rispondere alle proprie domande, oppure interrogare chi lo
intervistava, chiedendo giudizi su film di altri cineasti."
Quasi tutti i film di Kubrick sono tratti da romanzi.
E' un omaggio dell'occhio alla scrittura o una semplice fonte di soggetti?
Non credo sia un omaggio dell'occhio alla scrittura. La letteratura
è semplicemente fonte di ispirazione per la sceneggiatura. Kubrick
ha scritto solo due sceneggiature - Fear and Desire e
Killer's Kiss - entrambe agli inizi della carriera.
Successivamente le ha sempre
considerate molto deboli, primitive. Si può tranquillamente affermare
che dopo queste prove non ebbe più fiducia nella propria immaginazione.
Confidando invece nell'immaginazione letteraria decise di lavorare partendo
da opere già esistenti. Pur essendo molto fedele nella traduzione
filmica dei libri, al tempo stesso è stato sempre capace di piegare
l'opera letteraria alla sue fantasie visuali. Per capire davvero Kubrick,
è necessario comprendere che fu innanzitutto un fotografo. E un
fotografo dipende dalla realtà, da una realtà. Kubrick aveva
bisogno di aggrapparsi alla realtà: la realtà di un libro,
della documentazione. Credo che all'origine di questa necessità
ci sia la fotografia. In questo senso si può affermare che Kubrick sia
all'opposto di Fellini, il quale rappresenta la libertà dell'immaginazione.
Barry Lyndon, Arancia
Meccanica, Eyes Wide Shut, solo per
citare alcuni film: in che modo la musica, la pittura e le arti in genere
hanno influenzato l'opera di Kubrick?
Tutti i grandi registi, fatta eccezione oggi forse per la nuova generazione
europea, sono stati ispirati da qualche forma d'arte. Il cinema è
la sintesi di tutte le arti: del teatro, della musica, della letteratura,
della pittura, dell'architettura. Pur non amando i dogmatismi, anzi ogni
suo film reca un proprio pragmatismo, Kubrick non è differente
dagli altri. Ogni suo film ha regole proprie e impone delle precise soluzioni
di esecuzione. E' il caso di Barry Lyndon ad esempio, film storico
ambientato nel diciottesimo secolo. Oggi noi conosciamo questo periodo
principalmente grazie all'arte. La ricerca che fece fu quindi condotta
sulla pittura e sulla musica dell'epoca, anche se in alcuni casi non manca
il ricorso a delle distorsioni consapevoli (Schubert infatti non era del
XVIII secolo). Ciò che conta è la ricerca del preciso contesto
culturale dell'epoca. All'opposto sta Full Metal Jacket. In questo
caso l'esperienza generalmente condivisa del Vietnam si fonda sulla fotografia,
sull'attualità cinematografica, sui documentari. Partendo da questi
documenti Kubrick condusse la propria ricerca sforzandosi di restituire
un'immagine del Vietnam che non si discostasse dall'immaginario collettivo.
In questo processo, al contrario di Barry Lyndon, le immagini
subiscono una sorta di stilizzazione, un lavoro formale che parte dalla documentazione
del reale. Ancora. Nel caso di Arancia Meccanica è il futuro
prossimo che si esplica. La fonte di ispirazione è la pop art,
la decorazione futurista, il design più innovativo, elementi che
quasi anticipano i tempi. Dunque non è possibile classificare le
opere di Kubrick con delle teorie generalizzanti. E' Bresson che ha una
concezione dogmatica del cinema che applica a tutti i suoi film. Ma Kubrick
non è Bresson. Ogni film in Kubrick genera la propria estetica.
Credo
si possa affermare che Kubrick abbia esplorato tutti i generi. Tra tutti
ne prediligeva qualcuno? E soprattutto, come li ha interpretati?
Se si escludono la commedia musicale e il western, Kubrick ha esplorato
tutti i generi. Eppure non credo avesse un genere preferito. Oltre ad
essere un fotografo, Kubrick fu un raffinato cinéphile alla maniera di
Godard e di tutti quelli appartenenti alla Nouvelle Vague. E' stato un
regista nutritosi con migliaia di film d'autore, Chaplin, Laurence Olivier,
De Sica. Si sentiva in competizione con i grandi del cinema e tentava
sempre di superarli. Stimolo irresistibile alla competizione erano le
imperfezioni che scovava nei film altrui. Quando realizzava un film di
genere, poniamo di fantascienza, guardava tutti i film di fantascienza
a sua disposizione per capire cosa ci fosse di poco convincente, quali
fossero le stilizzazioni banalizzanti che restituivano una sensazione
di falso. Per esempio, guardando Metropolis si ha l'impressione
che non ci si trovi di fronte alla realtà del futuro. Ecco quindi
giustificato 2001: Odissea nello Spazio, grazie al quale abbiamo
davvero la sensazione di trovarci nello spazio, di essere un cosmonauta.
E' l'idea della fotografia che ritorna, della verità del momento.
Riuscire a far avvertire la verità del momento della ripresa fotografica,
come se realmente quella ripresa fosse avvenuta nello spazio. Quando Kubrick
raggiungeva la consapevolezza di aver toccato una sorta di limite perfetto,
allora sentiva il suo compito esaurito e veniva colto dal bisogno di gettarsi
in un'altra diversa impresa.
Il Novecento è stato il secolo delle guerre mondiali,
della bomba atomica. Qual è stato l'aspetto della guerra che Kubrick è
riuscito più efficacemente a mostrarci?
La guerra è il soggetto di tutti i film di Kubrick. Ogni genere
gli ha sempre fornito il pretesto per illustrare una guerra: la guerra
di coppia, la guerra del robot e del computer contro l'uomo, la guerra
di classe. C'è sempre la guerra nei film di Kubrick. Shining
è la guerra, Eyes Wide Shut è la guerra. La guerra
propriamente detta non è altro che la somma delle pulsioni aggressive
esistenti nell'essere umano. In Kubrick la guerra si rivela come forma
di pessimismo che lo induce a non credere nella bontà umana. Per
lui l'uomo ha un'inclinazione innegabilmente aggressiva; la guerra non
è altro che metafora della condizione umana. Full Metal
Jacket
è un film senza alcuna illusione sulla guerra. Certo, la guerra
può diventare spettacolo umanista dove l'uomo può essere
amico dell'altro uomo; può essere spettacolo dove l'uomo diventa
eroe; può essere uno spettacolo estetico, come in Apocalypse
Now con la musica di Wagner. Ma in Full Metal Jacket
non c'è
alcuna possibilità di sfuggire all'orrore; è una situazione
senza uscita. L'unica cosa che alla fine rimane, è il sentimento
di Matthew Modine che dice: "Io sono vivo in un mondo di merda."
La sola cosa che conta è essere vivo, non rimane altro.
In 2001
l'umanità nasce da un atto violento. Del resto molti film evidenziano
la natura maligna dell'uomo: la guerra e il militarismo, la sopraffazione,
la follia. La sensazione che si ricava è di diffuso pessimismo.
Un futuro pacifico era per Kubrick un'utopia?
Credo
che Kubrick non dica che non c'è progresso nell'umanità.
La medicina, l'educazione, la tecnologia lo dimostrano. Il vero problema
è che lo sviluppo tecnologico, scientifico, fondamentalmente non
muta la natura dell'uomo. La società progredisce, ma di fatto l'uomo
rimane fermo. Oggi l'uomo non è né più intelligente
né più capace di dominare le proprie passioni rispetto all'uomo
di duemilacinquecento anni fa. E' questo il messaggio del Dottor
Stranamore.
Duemilacinquecento anni fa, se un generale fosse diventato pazzo avrebbe
potuto uccidere dieci uomini con una pietra o una freccia; oggi potrebbe
far saltare il pianeta intero. L'orrore del mondo moderno è la
distanza sempre più vasta fra le capacità tecnologiche dell'uomo
e il suo stato psichico-emozionale rimasto stazionario. Dunque le guerre
diventano sempre più terribili, perché la parte animale
dell'uomo è rimasta immutata e le conseguenze possono essere molto
più tragiche di tremila anni fa.
Insomma, non c'è ottimismo!
Non è che Kubrick fosse irrimediabilmente pessimista, è
il mondo che non consente l'ottimismo. Se si osserva il XX secolo, o se
più semplicemente si guarda agli ultimi venti anni, ci si chiede:
dove sono il progresso, l'utopia, l'ottimismo? Nell'analisi dell'esistente
egli è stato fortemente influenzato da Freud. L'arte di Kubrick
come la medicina di Freud. Kubrick è stato un medico che ha fatto
una diagnosi per mezzo dell'arte. Non è stato lui a trasmettere
la malattia. L'ha semplicemente diagnosticata. Se un medico vi dice che
avete un cancro, non dite che il medico è pessimista solo perché
ha semplicemente constatato un dato di fatto. Stalin e Hitler detestavano
la psicanalisi. Perché? Perché le conoscenze che la psicanalisi
offre permettono di analizzarsi, di controllarsi. Dunque c'era dell'ottimismo
in Kubrick, un ebreo pedagogo che credeva nella conoscenza attraverso
la quale voleva dare al suo pubblico una spiegazione del mondo. Se l'uomo
comprende la propria natura maligna, imparando a conoscere e dominare
le proprie pulsioni, allora può darsi che ci sia una speranza di
guarigione. Altrimenti non ci sarà spazio che per il peggiore e
ingiustificato ottimismo.
Cineteca del Friuli, 29 Aprile 2000