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Frederic Raphael
(1931)

Scrittore e sceneggiatore, ha collaborato con Kubrick all'adattamento di Doppio Sogno di Schnitzler, il romanzo da cui è tratto Eyes Wide Shut. Ha scritto, poco dopo la morte di Kubrick e a ridosso dell'uscita americana del film, il libro Eyes Wide Open, abile mistura di fantasia e cronaca, che ha fatto infuriare i Kubrick. In questa pagina è presente un articolo uscito su un quotidiano americano e riportato dal Corriere della Sera sul presunto antisemitismo di Kubrick. In una successiva intevista francese, Raphael spiega il suo punto di vista sulla questione e svela le motivazioni che lo hanno spinto alla pubblicazione del suo libro.

 
Stanley Kubrick: l'ebreo che si detesta
 

Stanley Kubrick era un ebreo antisemita? "Disse una volta che Hitler aveva ragione quasi in tutto", [...] rivela Raphael al New York Post: Kubrick gli avrebbe imposto di purgare il romanzo dello scrittore viennese di ogni elemento riconducibile all'ebraismo, a cominciare dal protagonista, Fridolin, un medico ebreo le cui avventure erotico-oniriche nella Vienna di inizio secolo, slittano nel film nella New York di oggi, uno sfondo più adeguato per i due interpreti, Tom Cruise e Nicole Kidman.

Oltre a rivelare inediti dettagli su Kubrick (considerava Via col vento "un film terribile" e manifestava dubbi sulle prodezze sessuali di Kirk Douglas, protagonista di Spartacus), nel libro [...] Raphael s'interroga sull'apparente rigetto del cineasta della sua identità razziale: "Capire il Kubrick ebreo è essenziale per capire l'uomo", osserva lo sceneggiatore, alludendo alle ben note tendenze alla paranoia, alla segretezza, al terrore di essere scoperto e perseguitato del celebre regista. Un odio per quello che lui chiamava "giudaismo" che lo aveva portato a esprimere giudizi molti critici su Schindler's List di Spielberg, da sempre considerato uno dei pochi amici di Kubrick. "L'Olocausto ha riguardato sei milioni di persone uccise. Schindler's List è sulle seicento che non sono state uccise", avrebbe detto il lapidario Kubrick.

Corriere della Sera, 17 Giugno 1999

Frederic Raphael
 
Kubrick cercava di mettere le persone sotto tutela
di Francois Forestier

Romanziere, saggista, critico letterario, Frederic Raphael, lo sceneggiatore di Eyes Wide Shut ha lavorato due anni all'ombra del regista. Ha tratto da questa esperienza un libro sorprendente, Eyes Wide Open.

La stampa americana l'ha attaccato con violenza.
E' comico. Il paese della libertà di stampa non apprezza che ci si esprima liberamente.

Che cosa le hanno rimproverato?
Di avere descritto Kubrick come un ebreo che si detestava. Non è quello che io ho scritto, ma quello che la stampa americana ha voluto leggere. Visto che gli americani non leggono i libri, ma gli articoli sui libri, ecco fatto il pasticcio. E' stato un articolo del New York Post che ha fatto scattare il meccanismo... In realtà il mio libro è molto affettuoso. E' il primo libro nel quale Kubrick non è dipinto come un genio scolpito nel marmo.

Veniva immaginato sovente come un tiranno.
In effetti è un'immagine confortante, facile. La realtà è più complessa.

Il Kubrick del suo libro è inedito. Lo si pensava un genio dell'informatica ed invece cancella inavvertitamente i dischetti del computer. Lei lo tratteggia come una persona molto indecisa, mentre lo si immaginava esattamente il contrario.
E' come la Vita di Gesù di Renan. Bisogna avere il coraggio di parlare di Kubrick come di un uomo. Spielberg si è arrabbiato perché Kubrick ha detto che Schindler's List è un film su 6000 ebrei che sono sopravvissuti, mentre ne sono morti 6 milioni. Non c'è bisogno di sentirsi offesi. Sentirsi attaccati nella proprio ebraicità dal momento in cui si emette una critica, è ridicolo. E' una mentalità da ghetto.

Una delle cose più stupefacenti della vita di Kubrick, è che egli ha sposato Christiane Harlan.
Infatti, Christiane è la nipote del cineasta nazista Veit Harlan, che ha realizzato Suss l'ebreo. Essi si sono incontrati in Germania... Per un ebreo, si tratta di un incontro molto sorprendente. Ma non è giusto fare commenti su questo fatto.

Le biografie sono generalmente molto discrete su questo matrimonio, mentre lei nel suo libro ne parla.
Per il fatto che Kubrick me ne aveva parlato.

Qual è stata la suo prima impressione su Kubrick?
Era come un funzionario di basso livello delle Ferrovie francesi. Non aveva l'aspetto del genio che si conosce. Era molto modesto, non voleva fare colpo a tutti i costi.

Lei lo descrive come una persona molto esitante.
A volte lo era a volte non lo era. Andava a pesca, aspettava e otteneva quello che voleva. Ti faceva provare, riprovare...

Alcuni attori sono diventati matti a forza di provare le scene.
Era il metodo Kubrick. Faceva dozzine di riprese. E se un attore diceva: "Ho fatto qualcosa che non andava bene?" Kubrick non rispondeva. Aspettava, senza sapere esattamente cosa. Così, quando Peter Sellers arrivò sul set del Dottor Stranamore, Kubrick posizionò sei cineprese e Sellers si lanciò nelle sue grandi interpretazioni. Visto che la scena non poteva essere ripetuta allo stesso modo, Kubrick filmava e faceva il montaggio.

Non sapeva quello che voleva?
Sapeva quello che non voleva.

Nel suo libro si percepisce una certa frustrazione mal dissimulata.
Ammiravo Kubrick e non ho mai messo in discussione il suo ruolo di direttore, di capo. Ma nei rapporti con i suoi collaboratori, lui non era sincero. Non amava condividere i meriti. Amava dominare. Traeva le cose dalle persone, per aggiustarle a suo piacimento. Questo per me era ingannevole. Perché tutti questi sforzi per cancellare il mio nome? La sceneggiatura non portava il mio nome. Sul set, gli attori avevano l'impressione che il vero sceneggiatore fosse Kubrick. Però lui non era in grado di scrivere. Si comportava come un re che guariva le piaghe con il solo tocco. Tutti sanno che il tocco del re non guarisce niente. Ma tutti facevano finta di crederci... Kubrick non era il re, ma credeva di esserlo. Una cosa molto comica.

Il libro di Schnitzler, Doppio Sogno, dal quale è tratto il film è piuttosto insipido. Che tipo di problemi avete incontrato nell'adattamento?
Ce ne sono stati essenzialmente due. I sogni, che erano eccessivamente pretenziosi e che rischiavano di farci cadere in cliché preconfezionati. Quando si vuole realizzare un sogno al cinema, non funziona mai. Il fatto che un sogno non è uno specchio. Il secondo problema era l'orgia, il ballo mascherato. Bisognava trovare il modo di tradurlo adeguatamente. E' la parola chiave: tradurre. Bisogna capire l'essenza del mito, della storia. Il nocciolo della storia è che, nonostante tutte le vicissitudini, la coppia rimane insieme. Ambedue hanno sogni nascosti, ma alla fine restano insieme. Esiste uno scarto tra il desiderio e la vita reale. Quindi, per passare dal libro al film, bisognava trapiantare dei personaggi dall'Europa centrale a Manhattan e far loro cambiare epoca. Ma i loro rapporti dovevano restare fedeli allo spirito del romanzo. Piuttosto difficile.

Piuttosto difficile, in effetti.
Il lavoro dello sceneggiatore è molto difficile in queste condizioni. Ti prendono, ti buttano. Uno può reagire in molti modi: tenere il broncio, ironizzare o opporsi. Io, sono un pessimo perdente. Non cedo mai. Abbiamo discusso molto.

Lei ha detto che lui voleva che i personaggi, che erano ebraici in partenza, non lo fossero più alla fine.
Non voleva cadere nel campo di Woody Allen. Kubrick voleva raggiungere un pubblico più vasto possibile, penso. In fondo, lui era estremamente hollywoodiano. Molto.

Ma lui detestava Hollywood.
E allora? Si può essere francesi e detestare la Francia. Per esempio, quando lui ebbe la percezione che la nostra collaborazione si stesse esaurendo, mi disse grazie e arrivederci. E da allora non ne ho più sentito parlare. Questo è molto Hollywoodiano.

Kubrick aveva una grande cultura letteraria?
Avrebbe voluto. Era impaziente... Avrebbe voluto acquisire la cultura universitaria che gli mancava. Per ragioni che io ignoro, a 17 anni aveva interrotto gli studi. Suo padre era benestante, avrebbe potuto continuare... Kubrick divenne fotografo. Allo stesso tempo, assisteva alle lezioni della Columbia University per ascoltare i grandi professori. Quando lavoravamo insieme, mi faceva sovente domande su Giulio Cesare, su Roma, tutti soggetti che io conosco molto bene. Era molto curioso.

Quali altri soggetti lo affascinavano?
Parlavamo dell'Olocausto... Pensava che fosse la peggiore catastrofe dell'umanità. Io gli dicevo che ci sono stati 6 milioni di congolesi sterminati dal re dei Belgi... Gli dicevo che bisogna diffidare di questa idea, non si può postulare che solo gli ebrei sono stati massacrati... Voleva fare un film su questo argomento, da un libro di Louis Begley, Wartime Lies, il quale racconta della sopravvivenza di un bambino ebreo durante la guerra. Quanto all'Olocausto, diceva di avere visto pochi film sull'argomento... Allo stesso modo, non aveva visto il film di Munk, The Passenger...

Come cercava i soggetti?
Ce n'erano un certo numero che lo interessavano: la guerra, Napoleone, ecc. Bisogna capire una cosa, che lui amava le idee, non le persone. Aveva preso le distanze dal mondo ritirandosi. E questo allontanamento valeva anche per le persone immaginarie, per i personaggi inventati. Cercava di controllare gli altri, di metterli sotto tutela. Io penso che ne avesse paura.

Paura di cosa?
Non lo so. Penso fosse stata una persona dalla giovinezza molto solitaria. Le biografie ci dicono che non era molto simpatico, era timido. Si è costruita un identità, un alter ego. E' diventato un artista. Questo personaggio di artista lo ha messo al riparo dal mondo esterno.

Si è inventato un'identità fittizia...
Esatto. E' emigrato da se stesso per inventare la personalità di Stanley Kubrick, regista e creatore solitario. E' diventato se stesso diventando un altro.

Kubrick cherchait à mettre les gens sous tutelle, di Francois Forestier
Le Nouvel Observateur, numero 1818
Traduzione dal francese per ArchivioKubrick di Rufus McCoy

Frederic Raphael
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