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Un bravo ragazzo del Bronx?
di Craig McGregor

LONDRA
Insomma, come fa un bravo ragazzo ebreo dal Brox come Stanley Kubrick a fare film bizzarri come Arancia Meccanica? Beh, dice Stanley, tutti iniziano con l'essere bravi ragazzi da qualche parte. Sorride. Ha un bel senso dell'umorismo. Sta mangiando un ippoglosso in un ristorante, indossa la sua solita giacca verde oliva scuro, e con la sua faccia pensierosa e barbuta non è dissimile da Napoleone, il soggetto del suo prossimo film. Non ha l'aspetto di un genio, non c'è nessun'aureola apocalittica sopra la sua testa e col suo morbido accento newyorkese potrebbe tuttora essere quel leggendario bravo ragazzo del Bronx.

Ma quando hai 43 anni, sei il regista dell'anno e anche una figura di culto, sei costretto a cambiare. Vai a vivere in una grande villa in campagna circondata da alte mura, guidi una Mercedes, comunichi attraverso radiotrasmittenti e quello che vedi del mondo spesso non ti piace; così finisci nel giro di qualche anno a fare un film come Arancia Meccanica: pessimistico, freddo, macabro e semplicistico, i cui temi principali sono lo stupro, la violenza, il sadismo sessuale, la brutalità e l'immutabile natura selvaggia dell'uomo.

"L'uomo non è un nobile selvaggio, è piuttosto un ignobile selvaggio", sostiene Kubrick allungando la mano verso il bicchiere d'acqua ghiacciata. "E' irrazionale, brutale, debole, sciocco, incapace di essere obiettivo verso qualunque cosa che coinvolga i propri interessi - ecco un efficace riassunto di come siamo. Sono interessato alla natura violenta e brutale dell'uomo perché si tratta di un ritratto veritiero. E ogni tentativo di creare istituzioni sociali su una visione falsa della natura dell'uomo è probabilmente condannato al fallimento."

Ossia? "Beh, molti aspetti della mitologia liberale stanno attualmente naufragando - però non voglio fornire alcun esempio o finirò per assomigliare a William Buckley."

La visione di Kubrick della società è altrettanto cupa: può perfino rendere l'uomo peggiore di quello che è. "L'idea che le limitazioni imposte dalla società siano cattive è basata su una visione utopistica e poco realista dell'uomo", afferma. "Tuttavia, il film mostra un esempio di istituzione sociale impazzita. Le istituzioni sociali che devono affrontare il problema dell'ordine pubblico potrebbero infatti scegliere di diventare oppressive fino a rasentare il grottesco. Il film propone due estremi: mostra Alex nel suo stadio precivilizzato e la società mentre commette crimini ancora più gravi dei suoi cercando di curarlo."

Nonostante Arancia Meccanica sia dichiaratamente ambientato nel futuro, Kubrick pensa che i suoi temi siano di immediata criticità per le città degli Stati Uniti. "New York City, per esempio, è un posto dove le persone non si sentono per niente sicure. Quando qualcuno viene aggredito non c'è mai nessuno nei paraggi ad aiutarlo. Se ci aggiungi un po' di malcontento per la situazione economica e l'idea sempre più in voga che i politici siano nient'altro che un branco di incompetenti perditempo disinteressati ai problemi che richiederebbero una soluzione immediata, ecco che ottieni un clima di agitazione sociale molto serio negli Stati Uniti, che molto probabilmente causerà la repressione da parte di un governo altamente autoritario."

"A questo punto puoi solo sperare di avere un despota benevolo piuttosto che uno completamente malvagio. Un Tito piuttosto che uno Stalin - anche se di destra."

E allora Kubrick scappa via. Ormai sono 10 anni che vive in Inghilterra. Sono quattro anni che non viene a New York, neppure passandoci sopra in volo - anche se continua a tenere contatti con i "rifugiati". Il posto più vicino dove è stato di recente è San Diego, dove vivono i suoi genitori; li va a trovare un paio di volte l'anno. Ha mai pensato di tornare a vivere in America? Kubrick scuote le spalle. Se mai lo facesse non sarebbe certo a New York - "Immagino che uno potrebbe ancora vivere nel Connecticut o a Long Island, Dio ce ne scampi!"

In Arancia Meccanica, quindi, Kubrick pensa di aver fatto satira sia verso l'uomo che verso la società. Il problema è però che per la maggior parte delle scene è impossibile dire con chiarezza da quale punto di vista venga fatta la satira; Kubrick ha deliberatamente modificato il romanzo di Anthony Burgess per rendere le vittime delle aggressioni di Alex quasi più detestabili di Alex stesso. Così, i valori morali della storia sono confusi, ambigui, perversi: la satira è uno stile che implica un atteggiamento morale, ma il film di Kubrick finisce per perdere tale posizione.

Il punto in cui il film si avvicina maggiormente ad una presa di posizione morale si ha con la figura del cappellano della prigione che esclama vigorosamente la necessità del libero arbitrio, un personaggio che nasconde dietro di sé lo stesso Kubrick: "E' l'unico punto di vista non satirico del film, voglio dire, il cappellano ha ragione!" conferma Kubrick. Ma il finale del film, che in effetti celebra il trionfo della possibilità di scelta, è "ovviamente in chiave satirica - non lo puoi prendere seriamente." Noi (e Alex) siamo di nuovo al punto di partenza.

Forse uno dei problemi deriva dal fatto che tutte le persone rappresentate in Arancia Meccanica, che siano vittime o aggressori, sono mere caricature, bersagli macchiettistici per le frecciate satiriche di Kubrick; perfino Alex e i suoi "drughi" rimangono sagome meccaniche senza storia, senza spessore, senza niente che li possa legare a quella società da cui provengono e che decidono di contrastare. Non ci insegnano niente: nessuna scoperta circa il modo in cui nasce la violenza dell'uomo, alimentata o sfidata dal contesto sociale in cui egli vive, e neppure circa la natura della violenza in sé. Nei suoi ultimi tre film, Kubrick non ha ritratto una sola normale relazione interpersonale. HAL, il computer di 2001, è probabilmente il personaggio più umano che egli sia stato in grado di creare.

Eppure Kubrick insiste che non si sente "isolato" dalle persone. "Ho una moglie, tre bambine, tre cani, sette gatti. Non sono Franz Kafka, seduto da solo a casa sua a commiserarsi." In effetti, afferma che gli piacerebbe, un giorno o l'altro, fare un film sulla vita contemporanea - se solo riuscisse a trovare la storia giusta. "Una bella storia è come un miracolo", dice. "Non ho mai scritto una storia inventata da me, il che è probabilmente il motivo per cui ho così rispetto per chi ci riesce. Prima di diventare regista pensavo a cosa avrei fatto da grande, sai come succede, e pensavo che se non fossi riuscito a giocare con gli Yankees avrei potuto fare lo scrittore. Le persone che ammiravo da bambino non erano registi ma scrittori, come Conrad."

Per quanto riguarda i critici - "Trovo che molti critici interpretino male i miei film - o probabilmente quelli di chiunque. Davvero in pochi si soffermano un po' di tempo a pensare dopo averli visti. Guardano il film una volta, si ricordano a malapena quello che hanno visto, e poi scrivono una recensione nel giro di un'ora. Voglio dire, occorre più tempo perfino per scrivere il riassunto di un libro che ti fanno leggere a scuola. Sono molto soddisfatto di Arancia Meccanica. Penso sia il film più abile che ho mai fatto. Non ci trovo quasi nessun difetto."

Data la sua visione disperata dell'uomo e della società, sorprende poco che Kubrick si sia allontanato dal mondo d'oggi. Si immerge totalmente nel suo lavoro. I suoi ultimi tre film sono ambientati nel futuro, il prossimo lo sarà nel passato. E negli scorsi anni lui stesso si è creato una forma personale di trascendentalismo.

"2001 può fornire alcuni indizi sui miei interessi di tipo metafisico", spiega. "Sarei molto sorpreso se l'universo non fosse abitato da un'intelligenza di grado evolutivo pari a quella che attribuiremmo a Dio. Trovo molto eccitante credere o comunque intuire che una gran parte dell'universo non ci è chiara, e che ci sia un'intelligenza di immense proporzioni fuori dalla Terra. E' un tema di cui mi sto sempre più appassionando. La trovo una speranza molto eccitante e appagante."

Perché? "Beh, è brutto pensare che sia tutto qui."

Come ha fatto Kubrick ad avere una visione così pessimistica del genere umano? "Osservandolo", risponde laconicamente. "Sapendo quello che succede nel mondo, guardando le persone qui intorno." Non ha niente a che vedere con qualcosa che gli è successo in prima persona, o col fatto che è ebreo. "Voglio dire, questa visione dell'uomo fa parte anche della teologia cristiana."

Si sbaglia, ovviamente. Il concetto dell'uomo di Kubrick come essenzialmente malvagio è manicheista, una delle eresie cristiane più perverse e dure a morire, e certo non è un caso che gli sia piaciuto così tanto un romanzo scritto da un cattolico con la coscienza tormentata come Burgess; dice Kubrick, "Mi sono reso conto che rispondevo al libro in modo profondamente emotivo."

Non crede che un'opera d'arte debba avere come scopo primario "formulare una dichiarazione politica o filosofica" e ritiene che il romanzo di Burgess avesse tutto ciò che serve: una grande storia, grandi idee e un personaggio principale, Alex, che rissume in sé tutto ciò che Kubrick ritiene sia proprio dell'uomo. "Ti identifichi con Alex perché in lui riconosci te stesso", spiega. "E' per questo motivo che alcune persone si sentono a disagio guardando il film."

Così, per la prima metà del film, Kubrick lancia addosso allo spettatore infinite scene di violenza sadica, stupri di gruppo, tortura e vandalismo, beandosi per ciascuno di questi crimini in dettagli lascivi. Alla critica di gratuità della messinscena, che non dimostra un grosso ragionamento intellettuale o fondamento satirico dietro di sé, Kubrick risponde sempre alla stessa maniera: "Era già tutto nel libro." E continua: "Parte della sfida artistica richiesta dal personaggio del romanzo risiedeva nel riuscire a mostrare la violenza attraverso i suoi occhi, non filtrata da uno sguardo moralista e critico, ma direttamente e soggettivamente, come la sente Alex."

Kubrick crede che il cinema sia un'esperienza simile al sogno ad occhi aperti, in cui possiamo rappresentare fantasie normalmente represse dalla nostra mente cosciente. Ma per un non meglio specificato motivo, non crede di sfruttare questo principio con Arancia Meccanica, né per sé stesso (nonostante ammetta una sua certa fascinazione per la violenza) né per quelli che potrebbero divertirsi a vedere nello splendore del grande schermo scene di stupro, tortura e ultra-violenza. "Non era mia intenzione sfruttare questi desideri, non ho fatto il film per questo motivo e non penso che abbia questo effetto."

Eppure non era stato attratto dal libro di Burgess a causa della violenza e del sesso sadico contenuto in quelle pagine? Kubrick resta completamente ambiguo e conclude: "Ad ogni modo non penso che il film sia socialmente pericoloso, come non credo che lo sia alcuna opera d'arte. Sfortunatamente, non credo neppure che possa essere socialmente costruttivo."

Ma allora le opere d'arte non causano nessun effetto sulle persone? "Ci toccano nel senso che ci illuminano su qualcosa che già avvertivamo confusamente, ma non possono cambiarci. Sono due effetti differenti." L'arte quindi non ci influenza? "Non posso proprio dire di essere stato influenzato da qualche opera d'arte nella mia vita."

Ma allora che cosa ci sta a fare Stanley Kubrick?

Fare intrattenimento, credo. E provate a pensarci, in effetti cosa è Arancia Meccanica se non questo: un pezzo di cultura pop magnificamente realizzato, sensazionalista, confuso e in ultima analisi immorale, che non significa niente. Il buona vecchia ultraviolenza è sempre stata la ricetta perfetta per gli spettacoli e il pamphlet satirico di Kubrick certamente incasserà molto. Come un porno d'alta classe diretto da Russ Mayer (non c'è da stupirsi se i colorati fotogrammi del film sembravano così idonei al numero di questo mese di Playboy) con qualche bizzarria alla Andy Warhol per rincarare la dose. Ma, proprio come 2001, la sua pochezza intellettuale non gli permette di elevarsi oltre il livello della pop art. L'effetto finale? Nessuno.

E, ecco la parte più triste dell'intera faccenda, questo è esattamente come Stanley Kubrick pensa che debba essere.

Nice boy from the Bronx?, di Craig McGregor
The New York Times, Section Two, 30 Gennaio 1972
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick

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