Intervista a Stanley Kubrick
di Terry Southern
New York, Luglio 1962
Stanley Kubrick è probabilmente il regista più talentuoso,
di sicuro il più ambizioso, in assoluto il più giovane oggi
ad aver raggiunto la maturità artistica sulla scena americana; a soli
33 anni annovera già una serie di lavori (sei film e
2 documentari) tanto considerevole quanto ricca nella sua diversità.
Orizzonti di Gloria, acclamato dalla critica di tutto
il mondo come uno dei migliori film di guerra mai realizzati, è stato girato da
Kubrick a 28 anni - certamente un risultato notevole quanto quello di qualsiasi
contemporaneo americano.
A 30 anni il regista ha avuto, se non proprio l'onore, il singolare motivo
di distinzione di aver diretto una superproduzione da dieci milioni di dollari,
Spartacus. Consapevole, intuitivo, profondamente in sintonia
con i tempi, Kubrick è come un poeta che gioca a scacchi, estremamente articolato,
dalla parlata ricca di metafore visive, con quella strenua onestà di principi e intenti
che è davvero un dono raro.
L'intervista che segue è stata registrata nell'ufficio di New York
della Harris-Kubrick Productions ed è una trascrizione del nastro
originale.
Cos'è che la attirava principalmente in
Lolita, il romanzo?
Beh, di certo è una grande storia d'amore, no? Credo che Lionel Trilling nel suo
pezzo per Encounter colpisca nel segno
quando lo definisce "la prima grande storia d'amore del 20° secolo".
E i criteri di questo giudizio sono lo shock e l'estraniazione che i protagonisti
di tutte le grandi storie d'amore producono nelle persone che li circondano.
Se prendiamo Romeo e Giulietta, Anna Karenina,
Madame Bovary, Il Rosso e Il Nero,
avevano tutti quest'unica cosa in comune, quest'elemento di illecito, o almeno quello che
è considerato illecito al tempo in cui sono ambientati, che in ognuno dei casi produce
la completa alienazione dei protagonisti dalla società. Ma
nel 20° secolo, con la disintegrazione dei valori morali e spirituali, è stato
per gli autori sempre più difficile, e alla fine impossibile, rendere
credibile una situazione di questo tipo, concepire una relazione che
possa produrre questo shock e questo straniamento, tanto che per riprodurre
il fattore shock si è ricorsi alla descrizione erotica. Secondo Trilling,
Lolita in qualche modo ci è riuscito, poiché ha
tutta la passione travolgente
e la tenerezza di una grande storia d'amore, assieme all'estraniazione degli
innamorati da tutti coloro che li circondano. E, naturalmente, Nabokov è stato
assolutamente brillante nell'omettere ogni segno di approvazione dell'autore
verso la relazione dei protagonisti. Infatti,
è solo alla fine, quando Humbert rivede Lolita quattro anni dopo e
lei non è più una
ninfetta, nemmeno a voler forzare il termine, che l'amore sincero e privo
di egoismo che prova per lei si rivela. In altre parole, l'elemento di estraniazione
da tutto, anche dall'autore - e di certo dal lettore - è stato ottenuto,
e mantenuto, quasi fino all'ultimo.
Vorrei farle altre domande sulla realizzazione pratica di
Lolita, ma prima torniamo indietro per un momento, ai suoi 21 anni,
al periodo in cui lavorava come fotografo per LOOK; come ha iniziato
a fare film?
Ho semplicemente affittato una macchina da presa e ho fatto un film, un documentario
di 28 minuti intitolato Day of The Fight, una giornata nella vita
di un pugile, dal momento in cui si alza al mattino a quello in cui sale
sul ring la sera.
Mi par di capire che ha realizzato il film da solo;
l'ha anche finanziato?
Beh, non è costato molto: credo che l'affitto della macchina
da presa fosse dieci dollari al giorno, ai quali si aggiungono dieci centesimi
ogni trenta centimetri circa di pellicola sviluppata e stampata. La
musica costava più di tutto il resto... il film è costato
in tutto 3900 dollari e credo che 2900 se ne siano andati in musica, per
la sincronizzazione della colonna sonora.
Il suo primo film è stato Fear and
Desire?
Sì, un film pretenzioso, inetto e noioso - un errore di gioventù costato
50.000 dollari - distribuito però da Joseph Burstyn, nel circuito
dei film artistici, il che ha garantito un bel po' di pubblicità e
attenzione... intendo dire che c'era gente che ci ha
visto delle cose buone, e approfittando di questo sono stato in grado di
raccogliere finanziamenti privati per il mio
secondo film, Il Bacio dell'Assassino. Anche quella era una storia
sciocca, ma il mio interesse principale era accumulare esperienza
e capire come funziona il cinema come mezzo, quindi la storia per me era
un fattore secondario. Ho scelto la strada della resistenza debole, prendevo
qualunque storia che mi capitava sottomano. E a dirla tutta all'epoca
non avevo nemmeno soldi sufficienti per vivere, figuriamoci per comprarmi
del buon materiale per una storia - senza contare che non avrei comunque
avuto il tempo per lavorarci sopra - e non volevo cercarmi un lavoro, perché
mi avrebbe distolto da quel che stavo cercando di fare, quindi dovevo solo
andare avanti. Per fortuna in quel periodo non mi hanno offerto niente, voglio
dire, forse se mi avessero proposto qualche stronzata per la TV non avrei avuto il coraggio
di rifiutare e sarei stato distolto da ciò che avevo davvero
intenzione di fare. Ad ogni modo non è andata
così, ho fatto Il Bacio dell'Assassino, la United Artists
l'ha visto e l'ha comprato.
E' stato allora, vero, che ha incontrato James Harris e avete creato
la vostra casa produttrice?
Esatto. Lui gestiva una compagnia di distribuzione televisiva, insieme
abbiamo fatto Rapina a Mano Armata. E' il mio primo film con
degli attori decenti, uno staff di professionisti e con tempi e modi giusti.
E' stato il primo film davvero buono che ho fatto, e ho attirato una certa
attenzione... poi abbiamo acquistato i diritti di Orizzonti di Gloria.
Era un libro che avevo letto a quattordici anni e un giorno all'improvviso
mi è venuto in mente.
Mi par di capire che il finale del film abbia creato qualche controversia
- ci sono dei soldati francesi che vengono giustiziati come disertori
- e che lei abbia chiesto di cambiarlo, eliminando la fucilazione.
Non c'è stata alcuna controversia, voglio dire, qualcuno sosteneva che i soldati si
dovessero salvare, ma naturalmente era fuori questione. Sarebbe stato come
fare un film sulla pena di morte in cui il condannato fosse innocente:
non avrebbe avuto scopo. E tra l'altro erano fatti realmente accaduti:
gli ammutinamenti nell'esercito francese nel 1917 sono stati numerosi,
interi reggimenti marciavano fuori dalle trincee e gli uomini venivano
giustiziati tirando a sorte.
La proiezione di Orizzonti di Gloria
è ancora vietata in Francia?
Sì, come anche in Svizzera, Spagna e Israele, per gli accordi reciproci che li legano
alla Francia.
Ma il film poi ha fatto soldi?
Probabilmente ad oggi li avrà fatti. Ma ci si deve rendere
conto che nel periodo che parte dalla metà degli anni cinquanta i
botteghini hanno visto un bel declino, fino ai livelli attuali, cioè il
40% di quel che si faceva prima della televisione. La televisione, si sa,
all'inizio sembrava proprio una minaccia perché era gratis, ma
poi hanno esaurito le cose da farti vedere, è cominciata la noia...
e a quel punto gli studios più grandi per tirar su il bilancio hanno
iniziato poco saggiamente a vendere film alla TV, cosa che dava
ai network qualcosa allo stesso livello, se non meglio, di quello che si
vedeva a teatro. Dunque, Orizzonti di Gloria è stato realizzato
più o
meno a metà di questa fase di declino cinematografico e, paragonato
alla media dei film di serie A prodotti a quel tempo, se l'è cavata
mediamente bene. Non è che abbia proprio sbancato, ma penso che ci
siano un sacco di film da cui non puoi certo aspettartelo eppure vale comunque
la pena di farli, se ne hai voglia.
C'è sempre qualche film che dopo il primo giro di distribuzione
comincia ad essere richiesto di nuovo, e sembra che sia proprio il caso di
Orizzonti di Gloria, come se stesse diventando una specie
di classico del cinema.
Beh, il proprietario del New Yorker Theatre mi ha chiamato l'altro giorno, per
fare un esempio, e mi ha detto che si sono rifiutati di fargli una copia
del film. Vede, la casa di distribuzione si becca circa 50 bigliettoni per
affittare una copia, eppure non si volevano nemmeno prendere il disturbo
di andare a tirarlo fuori dal magazzino. Voglio dire che hanno talmente tante
altre cose in ballo che non si prendono nemmeno il disturbo.
Ora, dopo Orizzonti di Gloria stava
collaborando con Brando alla produzione di I Due Volti della
Vendetta, di cui lei doveva essere il regista, credo; com'è andata?
Beh, con Brando siamo entrati in rapporti amichevoli e mi ha detto di questo
"western" che stava facendo... è davvero una storia lunga e complicata, ad ogni
modo ci abbiamo lavorato sopra, sulla sceneggiatura, per circa sei mesi:
Marlon, Calder Willingham e io... e Guy Trosper, Carlo Fiore, George
Glass, Walter Seltzer, Frank Rosenberg...
Suppongo che ad un certo punto sia stato chiaro che Brando
voleva dirigere il film da solo.
Sì, a un certo punto è stato evidente che io ero
solo una specie di secondo, giusto per evitare che lui diventasse il bersaglio
delle critiche degli studios. E' si è anche capito che avremmo avuto
difficoltà estreme ad accordarci sulla storia, e... beh, alla
fine semplicemente sembrava che la mia idea di regia non avrebbe
funzionato per il film.
Qualcuno ha citato Brando, che di lei avrebbe detto
"Stanley è singolarmente percettivo e delicatamente in sintonia con le persone.
Ha un acuto intelletto ed è un pensatore creativo, non uno che copia o che si
limita a raccogliere i fatti; lui metabolizza quello che impara e imprime
ad ogni nuovo progetto un punto di vista originale e riservata passione."
Se questo è quello che pensa di lei, mi sembra strano che che non
siate stati in grado di lavorare insieme.
Naturalmente è possibile che due persone acute, percettive e delicatamente i sintonia
non vadano d'accordo in alcun modo, forma o circostanza.
Bene, dopo quello ha diretto Spartacus:
è l'unico film in cui lei non era a capo di se stesso, no?
Sì, è l'unico film in cui ho lavorato per altri e in quel
tipo di situazione il regista praticamente non ha molti diritti, eccetto
quelli della persuasione... e ho scoperto che si tratta di una situazione
in cui hai il coltello dalla parte sbagliata... Primo, accade molto spesso
che non si riesca a persuadere gli altri, secondo, anche quando ci si riesce
si perde così tanto tempo che alla fine diventa ridicolo.
E questo ci porta al suo capolavoro, Lolita.
Terminata la sceneggiatura lei ha iniziato a scegliere il cast - e immagino che abbia visto
parecchie ragazzine. Ne cercava una tra i 12 e i 13 anni?
Doveva avere tra i 12 e i 13 anni all'inizio della storia, e tra i 16 e i 17
alla fine, quindi cercavo una ragazza che andasse bene per entrambe le età -
e in effetti ne abbiamo viste parecchie, alcune davvero molto piccole. E' stato
inceredibile vedere quanti genitori ci scrivevano, tipo dal Montana e altri
posti, dicendo "mia figlia è davvero Lolita!" o
cose del genere. Noi le abbiamo provinate tutte e naturalmente Sue Lyon
era solo una tra le tante, ma quando l'abbiamo vista abbiamo pensato "Dio
mio, se questa ragazzina sapesse recitare..." Perché aveva
quast'aria misteriosa, splendida, enigmatica, ma viva e tuttavia era anche
molto espressiva. Tutto quel che faceva, cose normali come prendere
in mano gli oggetti, attraversare la stanza o semplicemente parlare,
lo faceva in modo attraente... e
tra l'altro questa è la caratteristica della maggior parte dei grandi
attori, un tipo particolare di stile, unico, personale, che passa in tutto
quello che fanno - come quando Albert Finney si siede e beve una birra
e, beh, è grande e ti viene da pensare "Dio, vorrei poter
bere una birra come fa lui", o il modo i cui Marlon, hai presente,
si sposta gli occhiali da sole sulla fronte e li lascia lì invece
di metterseli in tasca... tutti loro hanno modi di fare le cose più normali
che sono interessanti da vedere. Sue Lyon aveva questa caratteristica, ma ovviamente
non sapevamo ancora se sapesse recitare. Abbiamo fatto qualche scena, poi abbiamo giratoĆ¹
un pezzetto di prova con Mason e, ecco, era grande.
E Mason è stata la prima scelta per la parte di
Humbert?
Sì, ho sempre pensato che avesse le caratteristiche giuste: bello ma vulnerabile...
un tipo incline alle sofferenze d'amore e anche un tipo romantico, perché
Humbert, ovvio, sotto la scorza di uomo sofisticato e cinico, e quella
specie di affettato sdegno, era tremendamente romantico e sentimentale.
Una delle scene madri naturalmente è alla fine, quando Humbert
ritrova Lolita, e crolla quando non riesce a convincerla ad andar via con
lui. Una scena lunga e complessa. Quanto ci è voluto per girarla?
L'abbiamo girata per dodici giorni. Una delle cose che volevo ottenere nel modo più
completo possibile era l'elemento di disparità, che vedi spesso nella vita
reale ma praticamente mai nei film, quando due persone si incontrano di nuovo
dopo tanto tempo e una delle due è ancora coinvolta, mentre l'altra
semplicemente imbarazzata, però cerca
di essere carina lo stesso, ma le parole cadono giù, come morte, e
non accade nulla... imbarazzo e incongruenza totali.
Nel film lei ha grandemente ampliato, o almeno sviluppato, il ruolo
di Quilty, giusto?
Sì, beh, era evidente che proprio sotto la superficie della storia c'era
questo possibile forte filo narrativo secondario: dopo
che Humbert seduce Lolita nel motel, o piuttosto dopo che lei seduce lui,
si è risposto alla grande domanda, quindi era una buona cosa avere
questo filo narrativo di mistero che prosegue dopo la seduzione.
Questo ruolo, Peter Sellers nella parte di Quilty, e il modo
in cui riappare disgustato durante tutto il film, è unico. Non mi ricordo di nessun
altro caso cinematografico con una così elaborata combinazione di
comico e grottesco. E' forse il risultato di qualcosa che ha visto
o letto?
Questo aspetto del film mi interessa molto. Ho sempre pensato, ad esempio, che
Kafka potrebbe essere davvero divertente, o che in realtà oggettivamente
lo sia, intendo dire divertente come un incubo comico, e credo che Sellers
nella scena dell'omicidio, a dire il vero nell'intera caratterizzazione
del personaggio, è come il prodotto di un brutto sogno, ma un brutto sogno che
fa ridere. Sono soddisfatto da come è uscito il tutto, e credo che si apra una
strada nuova, per quanto mi riguarda, per raccontare certi tipi di storie in modi che il cinema
non ha ancora esplorato.
Dunque, questo è un film erotico, nel senso che tratta
necessariamente dell'amore sessuale, e a volte subito prima di una scena drammatica. Ha
qualche teoria particolare sull'erotismo?
Credo solamente che il punto di vista erotico di una storia si possa sfruttare
meglio come fattore energizzante di una scena, un fattore motivazionale,
invece di essere reso, beh... in modo esplicito. In Les Amants,
ad esempio, quando la testa del ragazzo scivola giù fino
ad uscire dall'inquadratura, beh, secondo me in qualche modo è buffa
- anche se non dovrebbe esserlo - e quando guardi la scena con un pubblico
praticamente diventa ridicola. E' interessante secondo me come una persona
fa capire ad un'altra che ha voglia di far l'amore, ed è interessante
sapere quello che fanno dopo aver fatto l'amore, ma mentre lo fanno,
beh, quella è un'altra cosa... è soggettiva, è una
cosa così incongrua
per il pubblico che l'effetto è di vago imbarazzo, o la sensazione
che il regista abbia fatto qualcosa che non doveva.
In ogni caso, dal momento che questo film era suo, nessuno le
ha fatto pressioni per costringerla ad essere eccessivamente prudente o cose del
genere?
No, assolutamente. Avevamo carta bianca su tutti gli aspetti della produzione.
Ci sono dei doppi sensi interessanti, come quel "Campeggio
Climax" per ragazze o battute come "Your uncle is going to fill my daughter's
cavity on Thursday afternoon." [nella versione italiana la battuta è
stata tradotta con "Lo sa che adesso si sta facendo curare i denti dal
Dottor Ivor, è suo zio, no?" eliminando il doppio senso, NdT.]
Ci sono state obiezioni?
No, e naturalmente il pubblico è un bel po' più sofisticato
di quanto immagini la maggior parte della censura - e di sicuro ben più di
quanto credano quei gruppi che fanno petizioni e cose simili. Dopotutto
se un film è davvero osceno, semplicemente non arriva
in sala perché la polizia lo sequestra; quindi se viene proiettato è ovvio
che non è osceno. Sono casi di competenza della legge e vengono regolamentati
dagli organi competenti, quindi queste petizioni non servono a nulla. Sono
cose per i tribunali.
A cosa pensa sia dovuta questa maggior ricercatezza del
pubblico?
Negli ultimi anni il pubblico si è abituato a film sempre migliori: la
televisione è stata la cosa migliore che sia accaduta alla filmografia
americana, perché ha fatto piazza pulita dei film mediocri
di gusto popolare che dominavano da tempo.
Cosa ne pensa delle tecniche e della filosofia dei registi della
Nouvelle Vague - Vadim, Resnais, Truffaut - e dei maggiori registi italiani, Fellini,
Antonioni, De Sica ecc?
Filosofia a parte, hanno fatto alcuni film superbi.
Qual è secondo lei l'ambiente migliore in cui fare pratica
per un regista? La televisione, il palcoscenico, o la fotografia, come nel suo caso?
Non saprei. La cosa principale è voler fare un film abbastanza
intensamente da far sì che qualche caro, fiducioso e pazzo amico o
parente ti presti i soldi per farlo.
A quanto pare lei spesso mette della musica sul set, per aiutare tutti ad
entrare in un particolare stato d'animo.
Sì, era un trucco usato dagli attori del muto: avevano tutti i
loro violinisti, che suonavano per loro durante le riprese, in un certo senso
davano loro indicazioni di regia in musica. Credo che questo sia probabilmente
il modo più facile
di produrre delle emozioni, che è il problema principale degli attori - produrre
delle emozioni autentiche. Noi la usiamo prima delle riprese, e se il dialogo
non è importante, anche durante le riprese e poi facciamo la post-sincronizzazione
dei dialoghi. E' incredibile
quanto rapidamente funziona: un film è un lavoro lungo e frammentato,
che si trascina giorno dopo giorno, e poi si arriva, diciamo, alla nona settimana,
ti alzi alle sei e mezza di mattina, non hai dormito abbastanza, probabilmente
non hai fatto neanche colazione, e alle 9 e un quarto devi fare qualcosa
che non hai assolutamente voglia di fare... Si tratta di entrare nel
giusto stato d'animo e ho scoperto che la musica è la soluzione migliore;
praticamente tutti hanno una reazione ascoltando un pezzo o l'altro.
Cosa avete usato per Lolita?
C'erano un paio di passaggi di West Side Story che
in qualche modo dovevano essere molto importanti per Shelley Winters
- usavamo quelli per le scene in cui doveva piangere - e le veniva da piangere,
subito, autentici lacrimoni. E poi vediamo... sì, c'era Irma
la Dolce, quello riusciva sempre a stendere Mason. Non ricordo qual era quello di
Sue... un lento di qualcuno... non Elvis, ma una cosa simile.
Durante la realizzazione di questo film, ha incontrato problemi
particolari o situazioni che ritiene fossero radicalmente differenti rispetto agli altri
film?
Sì, il fatto di aver gradualmente penetrato la superficie della
commedia che ricopre il film, fino a toccare l'aspetto più intensamente
tragico della storia romantica, credo che questo metta il film in una categoria
a parte. E poi anche il modo in cui vengono trattati gli stati d'animo, le
sottigliezze e lo spettro degli stati d'animo... voglio dire che
Lolita è davvero come un brano musicale, una serie
di disposizioni d'animo ed emozioni che ti spingono attraverso la storia.
Ora vorrei che mi parlasse del suo atteggiamento generale verso
la realizzazione dei film, oltre agli aspetti che ha già indicato. Per prima cosa,
ritiene che il film offra qualche particolare vantaggio rispetto agli altri
mezzi espressivi e di comunicazione?
Da una parte è abbastanza ovvio che gli eventi e le situazioni
che hanno un significato maggiore per le persone sono quelle in cui sono
direttamente coinvolte e sono convinto che questo senso di coinvolgimento
personale derivi in larga parte dalla percezione visiva. Una
volta ho visto una donna venire investita da un auto, o l'ho vista subito
dopo che era stata investita, stava lì stesa in mezzo alla strada.
Sapevo che in quel momento, se necessario, avrei rischiato la vita per
aiutarla... mentre se avessi solo letto o sentito dell'incidente, non avrebbe
avuto lo stesso intenso significato per me. Di
tutti i mezzi creativi credo che il cinema sia quello che meglio riesca
a trasmettere questa sensazione di importanza e significato degli eventi;
di creare il coinvolgimento emotivo e il senso di partecipazione nello
spettatore.
Come artista, lei si muove verso un obiettivo o in una direzione
particolare?
Quando giro un film, comincio da un'emozione, un sentimento, dalla percezione
di un soggetto, di una persona o una situazione. La tematica e la tecnica
sono il risultato di come il materiale passa, per così dire, attraverso di
me, fino ad uscire fuori dalla lente del proiettore. Credo
che perseguire un approccio genuinamente personale, qualunque esso sia,
sia l'obiettivo principale: Bergman and Fellini, ad esempio, ci sono riusciti,
sebbene siano quanto di più diverso si possa immaginare per quanto riguarda
loro idea di cinema. E sono sicuro che è questo che dà ai
loro film un coinvolgimento emotivo che nella maggior parte degli altri manca.
A quanto ne so lei si occupa del montaggio dei suoi
film personalmente. Non crede che ci siano dei montatori esperti che possano
farlo al posto suo?
Credo che un regista, o un film maker come preferisco dire
quando penso a chi fa un film, sia totalmente responsabile del film nella forma definitiva.
La creazione di un film comincia col germe di un'idea e prosegue attraverso
lo script, le prove, le riprese, il montaggio, la musica, la sincronizzazione,
fino alla contabilità fiscale.
Il vecchio concetto un po' retrò affermatosi negli studios più grandi
riduceva il regista ad uno dei tanti colori disponibili sulla tavolozza
del produttore, che comprendeva già tutti i "colori" che
ho elencato prima. In passato era il produttore che mescolava tutti i colori
per dare la sfumatura giusta e ottenere il "capolavoro". Non
credo sia una cosa strana che questo ruolo ora tocchi al regista.
Ritiene che un giovane regista, con idee nuove, possa farsi
strada ad Hollywood - realizzando i film che vuole - senza crearsi dei nemici?
Non credo che ci si faccia dei nemici semplicemente girando un film come si
vuole; i nemici si creano essendo maleducati, senza tatto e con un atteggamento
antipatico verso gli altri.
Lei si è guadagnato elogi senza riserve dalla critica per almeno
tre dei suoi film. A 33 anni ha già diretto uno dei più grandi
film mai realizzati. Il successo cambierà Stanley Kubrick?
Mi appello al Quinto Emendamento.
Intervista inedita, di Terry Southern
&ecopy; The Terry Southern Estate, all rights reserved
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick di Carolina Gambino