Stanley Kubrick ha diretto film del calibro di Orizzonti di Gloria, Lolita e Il Dottor Stranamore. Il suo ultimo film, 2001: Odissea nello Spazio è costato più di 10 milioni di dollari e ha richiesto più di due anni di produzione. La maggior parte di questo tempo è stata impiegata per la creazione degli effetti speciali, dalle sequenze di allunaggio fino alla brillante apocalisse psichedelica finale. I film di Kubrick sono soliti creare controversie, disaccordi e di tanto in tanto reazioni rabbiose. 2001, un film di fantascienza profondamente enigmatico, ha ottenuto sulle prime recensioni tiepide e ha lasciato molti spettatori perplessi, come a dire "Ma che diavolo significa?" Nella seguente intervista Kubrick fornisce qualche indizio, alcuni dei quali, per altro, tra le righe.
La trama di 2001 ruota attorno alla
scoperta di esseri intelligenti da qualche parte nell'Universo. E' fantasia o esiste
una qualche probabilità?
In realtà sono loro a scoprire noi. Ma la premessa non è interamente
di fantasia. Emissioni radio a intervalli regolari sono state rilevate dagli
scienziati inglesi e a Puerto Rico. Sono state individuate finora
quattro diverse fonti di trasmissione e le prove indicano civiltà altamente
evolute lontane forse centinaia di anni luce dalla Terra.
Considera queste prove decisive?
Anche se non lo fossero, le statistiche sono largamente a favore dell'esistenza
di intelligenza extraterrestre. Esistono circa un centinaio di miliardi
di stelle nella nostra galassia e ci sono più o meno cento miliardi
di galassie nell'Universo conosciuto. A partire dalla chimica dell'Universo,
che è comune in ogni sua parte, l'origine della vita viene considerata
oggi un evento quasi inevitabile su pianeti che hanno una distanza adatta
dai loro soli. Molti astronomi sono ormai propensi a credere che l'Universo
sia pieno di vita. E se lo è, alcune forme di questa vita potrebbero
essere avanti di milioni di anni rispetto a noi semplicemente per il fatto
che si sono formate prima. Il nostro Sole non è una stella particolarmente
antica.
Saprebbe dire che forma avrebbero queste intelligenze avanzate?
Che tipo di tecnologia potrebbero produrre?
Il nostro interesse, con questo film, risiede più che altro nella reazione umana
al primo contatto con un mondo avanzato. Sapere che tipo di forma avrebbero queste
intelligenze è una questione inconoscibile, anche se Arthur Clarke
(il coautore della sceneggiatura di 2001)
crede che ogni tecnologia avanti di cinquanta mila anni rispetto alla nostra
ci apparirebbe comunque come magia. E' poi vero che quasi più nessuno
ritiene che le forme di vita biologiche possano durare a lungo. L'immortalità,
cioè fermare il processo biologico che porta le cellule a morire,
sembra alla portata perfino dell'uomo se si aspettano un paio di secoli.
Si ritiene generalmente che una volta che una scienza sufficientemente
avanzata abbia permesso di superare lo stadio dell'immortalità,
ogni essere diventerà in parte animale e in parte macchina e successivamente
interamente macchina. Alla fine forse diventeremo pura energia. Non possiamo immaginare quello
che un salto di un milione di anni nella conoscenza scientifica può produrre
nelle forme di vita. Il puro spirito potrebbe essere la forma finale che l'intelligenza
vorrebbe avere.
Il che sembra piuttosto platonico.
Lo è. Tutta la mitologia umana - che certamente esprime dove
vorrebbe andare la psicologia della gente - punta verso questo stadio finale.
La consapevolezza dei vantaggi e della perfezione portati da una condizione
non biologica è piuttosto istintiva.
La sequenza iniziale di 2001 mostra
un ominide all'alba dell'esistenza dell'uomo mentre impara ad usare un oggetto come arma.
Lancia un osso-arma verso il cielo e quest'osso discende sotto forma di un'astronave in orbita
attorno alla Terra nell'anno 2001. Qual è la connessione tra le due
immagini?
Il nesso è molto stretto e il periodo di tempo che le separa è
davvero molto breve. La differenza tra l'osso usato come arma e l'astronave
non è enorme, almeno a livello emotivo. L'intero cervello dell'uomo
si è sviluppato a partire dall'uso di quell'utensile. E' lo spartiacque
evolutivo della selezione naturale. Shaw ha detto che il cuore dell'uomo sta
nelle sue armi, il che è perfettamente vero. C'è sempre stato
questo fantastico amore per le armi. E' un fatto osservabile con estrema chiarezza
che tutta la tecnologia umana è nata a partire dalla scoperta dell'utensile
come arma.
Utensile che l'uomo ha imparato ad amare, come la Bomba nel
Dottor Stranamore?
Non c'è dubbio che esiste una profonda relazione emotiva tra l'uomo
e le sue macchine, che sono sue figlie. Le macchine iniziano a radicarsi
in modo molto profondo, perfino creando affetto e ossessioni. C'è un
che di sessuale nelle belle macchine. L'odore di una macchina fotografica
Nikon. Toccare una bella automobile sportiva italiana, o anche un registratore
audio. Siamo alle porte di una società di macchine biologiche.
Ci apprestiamo a completare la transizione verso quello che sarà il
cambiamento definitivo. L'uomo ha da sempre venerato la bellezza e penso
che ci sia un nuovo tipo di bellezza che sta per arrivare nel mondo.
C'era una curiosa storiella in una delle riviste che ho letto
di recente, su quanto siano estremamente instabili i matrimoni nelle stazioni spaziali
orbitanti.
Perché le macchine sono così sexy.
HAL, Il computer protagonista di 2001,
sembra quasi umano, metre gli attori sono modelli di efficienza senza emozioni.
Voleva dire che se i computer diventeranno più umani, gli uomini finiranno
per comportarsi come delle macchine?
Non credo che lo faranno, sfortunatamente. HAL è programmato
per mostrare emozioni perché i più avanzati studiosi della
materia ritengono che quando riusciremo a costruire computer più intelligenti
dell'uomo, le emozioni saranno parte integrante delle loro funzioni. L'emozione
può essere una scorciatoia molto funzionale per decidere come comportarsi.
Ma il mio punto di vista è che l'uomo con tutta probabilità
resterà molto simile a come è adesso. L'uomo non sta diventando
più oggettivo o più razionale. Siamo sempre programmati con
gli stessi istinti primordiali con cui iniziammo il nostro cammino quattro
milioni di anni fa. Qualcuno ha detto che l'uomo è l'anello mancante
tra le scimmie primitive e gli esseri umani civilizzati. Si può certo
vederlo anche nel corso della storia. Siamo semicivilizzati, capaci di
cooperazione e affetti, ma abbiamo bisogno di una specie di trasfigurazione
verso una forma più evoluta di vita. L'uomo è davvero in
una condizione instabile. Le persone sono state buone, davvero. Le nazioni
hanno agito in modo molto responsabile dopo l'uso della bomba atomica.
Ma non c'è dubbio che,
poiché i mezzi per cancellare la vita sulla Terra esistono, serviranno
ben più che una attenta programmazione o una cooperazione ragionevole
per evitare una tale catastrofe. Il problema esiste finché esiste
questa possibilità, e si tratta di un problema morale e spirituale.
Forse è anche un problema di tipo evolutivo piuttosto che di tipo tecnico.
L'approccio tecnico, mi pare, funzionerebbe come un primo aiuto, ma non
potrebbe certo essere una valida risposta.
Poiché 2001 finisce con una
trasformazione evolutiva, si tratta di un finale alternativo a quello del
Dottor Stranamore con la fine del mondo?
Non proprio. Odio intrappolare il finale del film in una categoria perché
si tratta di un punto particolarmente importante che riguarda proprio questo
tema. Non voglio dire esplicitamente di cosa parla il finale, perché
lo vedo più che altro come una dichiarazione di tipo mitologico. Tutti
i miti sono psicologicamente simili gli uni agli altri. Quello dell'eroe
che va da qualche parte negli inferi, o nell'aldilà, e incontra pericoli
ed esperienze terrificanti. Poi riemerge sotto qualche forma divina o qualche
forma umana più avanzata. Essenzialmente, il film è un trattato
mitologico. Il suo significato va ricercato ad un livello viscerale e psicologico
piuttosto che grazie ad una specifica spiegazione letterale.
Uno dei critici ha dichiarato che per mostrare un punto di
vista filosofico come lei vuole fare, avrebbe dovuto usare più parole di
quelle che sono nel film.
Questo, di certo, fa parte della psicologia orientata alla parola del
critico. Non ho il minimo dubbio che per raccontare una storia come questa
non servano affatto le parole. Ci sono solo 46 minuti di dialogo nel film
e 113 di scene senza parole. Ci sono certe aree del pensiero e della realtà
- o dell'irrealtà e dei desideri, comunque lei le voglia chiamare
- che sono chiaramente inaccessibili alle parole. La musica può accedere
a queste aree. La pittura può penetrarle. Forme di espressione non
verbali possono farlo. Ma le parole sono una camicia di forza terribile.
E' interessante notare come molti prigionieri di questa camicia di forza
oppongano resistenza quando si cerca di allentargliela o toglierla. C'è un
lato nella personalità umana che in qualche modo avverte che, ovunque
sia la verità sul cosmo, non sta certo nell'ABC. Giace da qualche
parte negli aspetti misteriosi e inconoscibili del pensiero, della vita
e dell'esperienza. L'uomo ha sempre risposto a queste parti. La religione,
la mitologia, le allegorie - l'uomo è sempre stato particolarmente
recettivo a queste corde. Con la ricerca della razionalità l'uomo
moderno ha cercato di eliminare queste aree e per altro ci è riuscito
piuttosto bene tirando duri colpi alla religione. In un certo senso, quello
che sta succedendo adesso nei film e nella musica popolare è una
reazione alle soffocanti limitazioni del razionalismo. Si avverte la volontà di
superare le cose chiaramente argomentabili o dimostrabili che in realtà non
sono granché significative, o utili o ispiratrici. Nessuno pensa di trovare verità
sconvolgenti in questa logica.
Una volta lei ha detto che l'umorismo è la reazione
più umana di fronte ai misteri e paradossi della vita. Pensa che ci sia un
senso comico in 2001?
Non è ossequioso, ma certo non è comico. Ci sono alcuni
piccoli tocchi umoristici, ma un forte elemento comico non sarebbe appropriato
all'atmosfera che il film cerca di creare. Ci sono ben pochi miti comici.
In 2001, will love be a seven-letter word?, di William Kloman
The New York Times, Section Two, 14 Aprile 1968
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick
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