LONDRA
"Un liberale sveglio", dice Fred M. Hechinger, scrivendo a proposito
del mio film Arancia Meccanica, "dovrebbe riconoscervi la voce
del fascismo." Non ne fanno più di così svegli come Fred
M. Hechinger. Un critico cinematografico, il cui lavoro è analizzare
il reale contenuto di un film piuttosto che affidarsi ad interviste di seconda
mano, potrebbe non essere all'altezza nello scandagliare "l'allarme liberale"
che un pedagogo quale il signor Hechinger fa risuonare con sicurezza in tante
altisonanti righe di prosa allarmata. Mentre le leggo, l'immagine che mi viene
in mente è quella del signor Hechinger, nel ruolo del liberale in battaglia,
con la faccia tesa come quella che aveva un tempo Gary Cooper, mentre attraversa
a passo lento la via principale verso il mezzogiorno di fuoco della democrazia
americana, e fuori del saloon L'Ultima Possibilità si ascolta il motivo
musicale principale, "Guarda ciò che avranno i ragazzi della rivolta
e dì loro che io avrò lo stesso", anche se cantato con
la voce della Dietrich piuttosto che con quella della Kael.
I cinefili svegli riconosceranno che sto mischiando i miei film. Ma d'altra parte pedagoghi come il signor Hechinger non si curano più di tanto nel mischiare le loro metafore. "Di tanto in tanto, gli argentei fili della distrazione erano legati con un po' di realismo in stile Furore", nientemeno. E' sconcertante che nel corso del suo lungo articolo in cui incoraggia i liberali americani a nutrire il loro "diritto" di odiare l'ideologia che soggiace ad Arancia Meccanica, il signor Hechinger non citi una sola linea, non faccia riferimento a una sola scena, non analizzi un solo tema del mio film - ma si limiti a inserirlo indiscriminatamente in una "tendenza" che lui pretende di aver individuato ("un nichilismo totalitarista e profondamente anti-liberale") in diversi film di quest'anno. Forse, mi chiedo, è perché non riesce a individuare nessuna prova interna a supporto della sua teoria? Se così non fosse, sarebbe straordinario che una tale accusa di notevole serietà venisse fatta contro il film (e contro me stesso) tra le righe di un pezzo di giornalismo allarmista talmente confuso e vago.
Hechinger è probabilmente piuttosto sincero nel dire quello che sente. Ma quello che il testimone sente, come dice il giudice, non è una prova - per di più quando l'accusa è di fornire "l'essenza del fascismo". "E' questa una lettura poco caritatevole della tesi... del film?" si chiede il signor Hechinger in un momento di dubbio senza troppa convinzione. Risponderei che si tratta di una lettura irrilevante della tesi, in effetti una lettura superficiale e rovesciata, perché, lungi da sperare che venga data una seconda possibilità al fascismo, il film ammonisce contro il nuovo fascismo psichedelico - il condizionamento multimediale, stordente, quadrasonico e indulgente alla droga degli esseri umani ad opera di altri esseri umani - che molti ritengono inaugurerà l'abbandono della civilizzazione umana e l'inizio di zombilandia.
E' piuttosto vero che la visione dell'uomo presente nel mio film è meno lusinghiera di quella con cui Rousseau aveva sollazzato gli animi in un racconto similmente allegorico - ma, al fine di evitare il fascismo, è davvero necessario considerare l'uomo come un nobile selvaggio piuttosto che un ignobile selvaggio? Essere pessimista non è ancora sufficiente a qualificare qualcuno come un tiranno (almeno spero!). Per lo meno, il critico del New York Times, Vincent Canby, non la pensa così. Nonostante guardi solo con moderato sospetto le teorie che vogliono attribuire ai film la causa iniziale di effetti a lungo raggio - in una umiltà professionale che contrasta apertamente con la mancanza di tale umiltà da parte del signor Hechinger - il signor Canby nondimeno ha classificato Arancia Meccanica come un "superlativo esempio" di un genere di film che "tenta seriamente di analizzare il significato della violenza e il clima sociale che la tollera". Di certo non mi ha denunciato come fascista, né più né meno di chi leggendo A Modest Proposal accuserebbe Dean Swift di essere un cannibale.
Anthony Burgess ha dichiarato di considerare il film "un sermone cristiano" - e per evitare che questo sia considerato un esempio di lusinga speciale concessa dal padre originale dell'Arancia Meccanica, citerò anche l'opinione di John E. Fitzgerald, il critico cinematografico della rivista The Catholic News, che, lungi dal credere che il film veda l'uomo "irrimediabilmente cattivo e corrotto" come nella lettura "poco caritatevole" di Hechinger, è andato dritto al cuore del problema in un modo che mette in ridicolo le vacue insinuazioni del signor Hechinger.
"In un anno," scrive Fitgerald, "abbiamo avuto due messaggi contraddittori in due mezzi di comunicazione differenti. Nella stampa, ci è stato detto (nel libro di B.F. Skinner Oltre la libertà e la dignità) che l'uomo altro non è che un grappolo di riflessi condizionati. Al cinema, con l'uso di immagini più che di parole, Stanley Kubrick mostra che l'uomo è ben più che il frutto dell'eredità e/o dell'ambiente che lo circonda. Come afferma il cappellano amico di Alex (un personaggio che si presenta come un buffone sputa-sentenze e finisce col diventare il portavoce della tesi del film): 'Quando un uomo non può esercitare il libero arbitrio, cessa di essere un uomo'."
"Il film sembra dire che eliminando la possibilità di scegliere, l'uomo non viene redento ma semplicemente ingabbiato; otterremmo una società di arance, organiche ma funzionanti meccanicamente. Un tale lavaggio del cervello, organico e psicologico, è un'arma che i totalitaristi presenti nello stato, nella chiesa o nella società potrebbero desiderare ardentemente come un bene a buon mercato, anche a costo di sacrificare i diritti e la dignità dell'individuo. La redenzione è una faccenda complicata e il cambiamento deve essere motivato dall'interno piuttosto che imposto, senza far propria la profonda convinzione delle sue implicazioni morali."
"Ci vogliono individui come Hitler o Stalin, e le violente inquisizioni, i pogrom e le purghe per amministrare un mondo di ignobili selvaggi", dichiara il signor Hechinger in un modo tanto selvaggio quanto ignobile. Infatti, senza neppure citare una battuta dal film, il signor Hechinger pare poggiare l'intero caso su una mia dichiarazione apparsa sul New York Times il 30 gennaio, in cui ho detto: "L'uomo non è un nobile selvaggio, è piuttosto un ignobile selvaggio. E' irrazionale, brutale, debole, sciocco, incapace di essere obiettivo verso qualunque cosa che coinvolga i propri interessi... E ogni tentativo di creare istituzioni sociali su una visione falsa della natura dell'uomo è probabilmente condannato al fallimento." Da questo, così pare, il signor Hechinger conclude "La tesi che l'uomo sia irrimediabilmente cattivo e corrotto è l'essenza del fascismo" e condanna sommariamente il film. Il signor Hechinger ha il diritto di avere una visione ottimistica dell'uomo; ma questo non lo autorizza ad accusare brutalmente di fascismo coloro che non la pensano come lui.
Mi chiedo come possa conciliare le sue semplicistiche nozioni con le vedute di un anti-fascista ben informato come Arthur Koestler, che ha scritto nel suo libro Il Fantasma Dentro la Macchina, "Il mito di Prometeo si è capovolto orrendamente. Il gigante che ha osato rubare la luce agli dei è impazzito... Non appena si menziona, pur esitando, l'ipotesi che una macchia di paranoia sia connaturata nella natura umana, si finisce per essere prontamente accusati di schierarsi dalla parte morbosa della storia; di essere ipnotizzati dai suoi aspetti negativi; di raccogliere i frammenti neri del mosaico senza considerare le trionfanti conquiste del genere umano... Dimorare nelle glorie dell'uomo e ignorare i suoi sintomi della sua potenziale pazzia non è sintomo di ottimismo ma di ostracismo. Può essere solo paragonata all'attitudine di quell'allegro fisico che, poco prima che Van Gogh si suicidasse, dichiarò che non poteva essere pazzo perchè aveva dipinto dei quadri così belli". Mi domando se questo scritto metterebbe Koestler nella neonata lista nera del signor Hechinger.
Sono le denunce isteriche da parte di chi si autoproclama "liberale sveglio" come il signor Hechinger che indeboliscono la causa del liberalismo, ed è per lo stesso motivo che così pochi politici di stampo liberale si azzardano a fare dichiarazioni realistiche riguardo i problemi sociali contemporanei.
L'età delle scuse, quella in cui ci troviamo, iniziò con la frase iniziale dell'Emile di Rousseau: "La Natura creò l'uomo felice e buono, e se io sono altrimenti, è colpa della società." Questa idea è basata su due presupposti errati: che l'uomo nel suo stato di natura fosse felice e buono e che l'uomo primitivo non conoscesse la società.
Robert Ardrey ha scritto nel suo libro The Social Contract, "Il principio organizzativo della vita di Rousseau era la sua inaffondabile credenza nell'originale bontà dell'uomo, incluso lui stesso. Questo lo portò a crearsi le più imponenti ipocrisie. Più significative sono le disillusioni, il pessimismo e la paranoia che una tale credenza nella natura umana deve indurre."
Ardrey rielabora questo concetto anche nel successivo L'istinto di Uccidere: "L'americano idealista è un ambientalista che accetta la dottrina della nobiltà dell'uomo e individua con sufficienza nelle cause economiche la fonte della sofferenza umana. E così adesso, all'apice del trionfo americano sopra l'antico nemico, tale idealista si trova assillato da conflitti razziali di crescente amarezza, e sconvolto da una delinquenza giovanile che raggiunge vette da campionato."
La fallacità romantica di Rousseau secondo cui è la società a corrompere l'uomo e non l'uomo a corrompere la società pone una lusinghiera garza tra noi e la realtà. Questa visione, per usare le metafore di riferimento del signor Hechinger, è sicuramente oro per i botteghini ma, alla fin fine, una tale illusione che si autoalimenta porta alla disperazione.
L'Illuminismo ha sostenuto l'indipendenza razionale dell'uomo dalla tirannia del Soprannaturale. Il che iniziò a portare vertiginose e spaventose ipotesi per il nostro futuro intellettuale e politico. Ma prima che tutto diventasse troppo allarmante, Rousseau rimpiazzò l'Essere Soprannaturale con la religione dell'uomo naturale. Dio magari è morto, lunga vita all'uomo.
"Come altrimenti si può spiegare," scrive Ardrey, "se non come sostituto dei vecchi desideri religiosi, l'influenza smisurata che la dottrina della bontà innata ha provocato nella mente razionale?" Alla fine, quello che ci si dovrebbe chiedere è se l'idea dell'uomo di Rousseau come angelo caduto non sia sul serio la più pessimista e disperata delle filosofie, perché lascia l'uomo in una condizione mostruosa ben lontana dai suoi antichi splendori. E' più ottimista, ne sono convinto, accettare la visione di Ardrey secondo cui "...proveniamo da scimmie evolute, non da angeli caduti, e oltretutto le scimmie erano assassini armati. Quindi di che ci dobbiamo sorprendere? Dei nostri omicidi, massacri, missili e eserciti perennemente belligeranti? Piuttosto sorprendiamoci dei momenti di pace, pur brevi che siano; delle sinfonie, pur suonate raramente; dei nostri campi in fiore, per quanto possano trasformarsi in campi di battaglia; dei nostri sogni, pur difficilmente in grado di avverarsi. Il miracolo dell'uomo non sta nell'essere caduto tanto in basso ma nell'essere riuscito a evolversi così in alto. Siamo conoscuti tra le stelle grazie ai nostri poemi, non grazie ai nostri cadaveri."
Il signor Hechinger è senza dubbio un uomo ben educato, ma il tono del suo articolo mi colpisce anche perché pare esser scritto da un uomo ben condizionato, che reagisce a quello che pensa di trovare in Arancia Meccanica, o che gli è stato detto che ci avrebbe trovato, o che magari ha letto, piuttosto che a ciò che personalmente ritiene ci sia nel film. Forse dovrebbe lasciar cadere il suo grappolo di riflessi condizionati e andare a vederlo di nuovo. E questa volta, esercitando un po' del suo libero arbitrio.
Now Kubrick fights back, di Stanley Kubrick
The New York Times, Section Two, 27 Febbraio 1972
Traduzione dall'inglese per ArchivioKubrick
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