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Contrasti inversi

Stanley Kubrick, Shining e il film horror
[1] Due tra i più famosi e relativamente recenti film sulle Haunted House sono La Casa di Sam Raimi e Rosemary's Baby di Roman Polanski. In tema di pazzia citiamo almeno Psycho di Alfred Hitchcock.
Dopo aver affrontato vari generi cinematografici, Stanley Kubrick si cimenta per la prima volta con il film horror. Shining si inserisce volutamente nel filone classico del cinema dell'orrore americano, come provano i numerosi ed evidenti richiami, sia tematici che figurativi, agli stilemi del genere horror. Ad esempio, il motivo della casa stregata (o haunted house), presente nel film di Kubrick con il malvagio Overlook Hotel, era già stato utilizzato in film illustri; allo stesso modo, ampiamente sfruttati risultano il tema della pazzia di uno dei personaggi e quello dei fantasmi. [1]
[2] Per un elenco estensivo dei temi canonici dell'immaginario dell'orrore citati in Shining cfr. Eugeni, op.cit., pag. 97.
In Shining non mancano anche riferimenti meno evidenti a temi cari ai racconti dell'orrore, quali il vampirismo (Danny che torna dalla camera 237 con i segni sul collo), i morti viventi (la vecchia nel bagno della stessa camera), il patto con il Diavolo (Jack e gli abitanti dell'hotel) e quello della reincarnazione (ancora Jack che è sempre stato il guardiano dell'albergo), ecc. [2]
[3] "Spero che il pubblico si sia spaventato a dovere", diceva Kubrick a Michel Ciment, op.cit.
Coerentemente con le regole del genere, il film sfrutta queste figure classiche per spaventare il pubblico, ossia per raggiungere, anche a detta del regista, il fine principale di un film horror. [3] Si potrebbe anzi affermare che uno dei punti di forza di Shining risieda proprio nell'ostentazione anche eccessiva di questi motivi.

A livello figurativo si osserva tuttavia un fatto interessante che in parte smentisce la precedente osservazione: Shining ribalta alcuni stereotipi figurativi del genere horror, in particolare quello che vuole "il male" (personaggi-nemici, creature malefiche, luoghi malvagi, ecc.) associato a zone buie, alla notte e alla mancanza di luce.

Gli stereotipi dell'horror
[4] Altri contrasti particolarmente fecondi sono quello tra interno/esterno che genera il filone della haunted house, quello tra vivo/morto che è alla base delle storie di zombie, quello tra visibile/invisibile che dà origine alla letteratura sui fantasmi, i fenomeni paranormali e così via.
I film dell'orrore classici sfruttano da sempre una serie di contrasti che servono a generare tensione e a provocare la scossa emotiva nello spettatore: in questo saggio ci concentriamo sulla contrapposizione tra buio e luce, uno dei contrasti fondanti della "poetica dell'orrore". [4]

In tutti i film horror la categoria espressiva [buio/luce] è associata alla coppia di contenuti [male/bene], rispettivamente; già dai primi film dell'orrore si delinea una separazione completa fra queste due sfere: le creature del male sono relegate agli angoli scuri e alle zone in ombra delle scenografie mentre gli eroi trovano la salvezza in posti pienamente illuminati.
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L'ombra di Nosferatu
(F.W. Murnau, 1922)
Un buon esempio è dato da Nosferatu il Vampiro, forse il primo film che lavora consciamente con le convenzioni del genere da un punto di vista cinematografico. In questa pellicola il vampiro è legato in modo inscindibile alla notte e al buio: in quasi tutte le sequenze il suo arrivo è preannunciato dall'entrata in campo della sua ombra o dall'emergere del suo viso da uno spazio completamente nero. E' anche interessante osservare come il personaggio di Dracula, già nel romanzo di Bram Stoker, venga ucciso dalla luce del giorno. Talvolta, inoltre, il Conte ha ricevuto l'appellativo di "principe delle tenebre" come a presiedere la congrega di tutti i demoni e mostri della letteratura horror, genericamente appellati "creature della notte".
[5] Lo stesso tipo di minaccia si rileva negli altri contrasti cui accennavamo poco sopra: è proprio la rottura della separazione tra i due termini opposti a generare la paura per gli spettatori: ad esempio, il potenziale orrorifico degli zombie deriva in primo luogo dall'aver scavalcato la linea che separa i vivi e i morti.
Questa separazione netta fra i due settori, sedimentata in secoli di racconti dark (nome non casuale), stabilisce che i personaggi malvagi trovino collocazione spaziale nelle parti in ombra di un ambiente e temporale nelle ore buie. La minaccia di queste figure nasce esattamente dalla possibilità di un sovvertimento di questo ordine prestabilito, con i mostri che fanno incursione nella sfera della luce per trascinare nel loro mondo buio i personaggi buoni. [5]

I ribaltamenti in Shining: la luce come male

Shining segue una strategia opposta: tutte le scene terribili si svolgono in piena luce e l'ambiente principale, l'Overlook Hotel, è sempre insolitamente, inspiegabilmente illuminato a giorno; le scene notturne sono pochissime, a differenza di un comune film horror, e coincidono, significativamente, con gli sviluppi positivi della storia.

Facciamo due esempi per chiarire l'atipicità delle scelte di Kubrick: uno dei momenti di maggior tensione del film è l'ingresso di Jack Torrance nella camera 237 in cui il piccolo Danny dice di aver incontrato poco prima una donna che ha tentato di strangolarlo.
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Soggettiva di Jack
nella camera 237
[6] In questa descrizione ipotetica si fa di proposito riferimento anche ad elementi non pertinenti alla categoria buio/luce per evidenziare come la strategia di ribaltamento di ogni stilema classico dell'horror da parte di Stanley Kubrick sia tutt'altro che arbitraria.
Un film horror classico avrebbe seguito Jack in un corridoio in penombra fino all'arrivo davanti alla stanza; Jack avrebbe aperto la porta, facendo immancabilmente scricchiolare i cardini, e sarebbe entrato titubante in un ambiente tetro e buio. Probabilmente la donna impazzita sarebbe saltata al collo di Jack all'improvviso emergendo da un angolo buio, provocando uno shock emotivo tanto a lui quanto agli spettatori, e imprimendo un cambio di ritmo repentino nei movimenti della macchina da presa e nel montaggio. Invece Kubrick posiziona Jack in un corridoio perfettamente illuminato, lo fa entrare in una stanza che ha già le luci accese e mostra la donna in fondo alla scena, mentre esce lentamente dalla vasca da bagno. La ragazza si avvicina con calma a Jack e quando si rivela essere una vecchia putrescente la macchina da presa e il montaggio mantengono il loro ritmo rallentato. [6]

Al contrario, verso la fine del film, quando ormai Jack è stato assorbito dalla sua pazzia e Wendy e Danny stanno cercando di salvarsi, la scena si svolge di notte: lo vediamo quando Danny esce dalla finestra del bagno scivolando nella neve mentre Halloran, il cuoco con poteri paranormali, è in arrivo per cercare di salvare quello che resta della famiglia Torrance. Il buio e la notte accompagnano i possibili esiti positivi della storia: Halloran in arrivo con il gatto delle nevi e Danny in fuga dal padre impazzito.
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Halloran va a morire sotto
l'unico lampadario acceso
[7] Superfluo anche qui descrivere come un "normale" film horror avrebbe trattato questa scena, con Jack a inseguire in silenzio il povero Danny in un labirinto non illuminato, fino a sorprenderlo uscendo d'improvviso da un buio anfratto.
Non solo, le scene immediatamente successive perseguono questo ribaltamento: da una parte, Halloran muore appena entrato nell'hotel proprio sotto l'unico lampadario acceso tra i tanti presenti nel corridoio, e analogamente il fantasma del signore con la testa sanguinante visto da Wendy nel corridoio adiacente fa accendere con la sua apparizione il lampadario spento fino a pochi istanti prima; dall'altra, quando poco dopo Danny cerca la salvezza entrando nel labirinto, esso è in penombra, a luci spente, ed è proprio Jack, il male, ad accendere i faretti sia dentro al labirinto che nello spazio fuori dall'albergo. E' la luce quindi che accompagna le presenze malefiche dell'albergo e preannuncia la possibile tragedia, l'attuazione dei piani di Jack. [7]

Altri veloci esempi confermeranno che tutto l'orrore di Shining è associato alla luce: le folgoranti apparizioni delle gemelline nei corridoi illuminati a giorno dell'hotel; lo snervante faccia a faccia fra Jack e Wendy nella luminosissima Sala Colorado; il dialogo fra Jack e il cameriere Grady nei bagni rossi, con la disturbante rivelazione sul passato (presente e futuro...) di Jack stesso; il racconto delle passate violenze a Danny al bancone del bar; ecc. Kubrick non usa mai l'espediente del buio come premonitore del male e di un possibile colpo di scena. Perché questo binomio originale luce-male?

Il perturbante di Sigmund Freud
[8] Michel Ciment, op.cit.; Diane Johnson parla del saggio Il Perturbante in Positif n. 238.
In un'intervista rilasciata dopo l'uscita del film, Kubrick ha parlato dei riferimenti letterari che ha preso in esame con la sua co-sceneggiatrice Diane Johnson per affiancare il lavoro di adattamento sul romanzo di Stephen King. Il referente teorico principale di Shining è un saggio breve scritto da Freud, Il Perturbante, definito dal regista "il massimo discorso fatto dalla cultura occidentale sul tema della paura". [8]

In questo saggio Freud cerca di spiegare un particolare sentimento, quello appunto definito perturbante ("unheimlich" in lingua tedesca), studiando le cause del suo insorgere e portando alcuni esempi di situazioni perturbanti. Si tratta di una specie di sentimento spaventoso che trae origine dal suo essere novità, dal fatto che non è conosciuto, che è inconsueto: "il perturbante sarebbe [...] qualcosa in cui, per così dire, non ci si raccapezza." Freud elenca nel saggio una serie di situazioni che possono far insorgere questo sentimento, dalla ripetizione dell'uguale al motivo del sosia. Come vedremo nel prossimo paragrafo, tutti gli esempi freudiani sono presenti in Shining: Kubrick ha utilizzato il trattato come guida tematica, come mappa dell'immaginario dell'orrore.
[9] Interessante l'osservazione di Enrico Ghezzi (op.cit.) sulla identica duplicità del verbo inglese "to overlook", che significa tanto "controllare con lo sguardo, ispezionare, sorvegliare" quanto "lasciarsi sfuggire, tralasciare". Anche nel nome dell'hotel di Shining si ritrova la stessa doppiezza di senso illustrata da Freud, che rende l'Overlook Hotel la personificazione stessa del perturbante.
Freud analizza inoltre l'uso linguistico della parola tedesca e nota un'ambivalenza di significato che si riflette in una particolarità in questo sentimento. Il significato della parola "heimlich" in certi contesti può assumere una connotazione che la fa coincidere con il suo contrario "unheimlich": ecco allora che ciò che sembra confortevole e protettivo diventa, esattamente all'opposto, infido, pauroso, ingannevole. Nel vocabolario della lingua tedesca il termine "heimlich" ha infatti due significati distinti, uno nel senso di "non straniero, familiare, domestico, fidato e intimo" e un altro come "nascosto, tenuto celato in modo da non farlo sapere ad altri o da non far sapere la ragione per cui lo si intende celare". Dice Freud: "la parolina heimlich, tra le molteplici sfumature del suo significato, ne mostra anche una in cui coincide con il suo contrario unheimlich. Ciò che è heimlich diventa allora unheimlich"; e ancora "unheimlich [...] è tutto ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto, e invece è affiorato"; "heimlich è quindi un termine che sviluppa il suo significato in senso ambivalente, fino a coincidere in conclusione con il suo contrario unheimlich. Unheimlich è in un certo senso una variante di heimlich." [9]

Così, nello stesso modo in cui il sentimento del perturbante nasce da, e porta con sé, il contrasto e l'opposizione fra qualcosa che sembra sicuro e può diventare infido (che anzi allo stesso tempo è sicuro e infido), la paura in Shining dipende da questo ribaltamento apparentemente inspiegabile, che genera una condizione di perenne spiazzamento e imprevedibilità. Kubrick ha utilizzato il saggio freudiano non solo come ispirazione tematica, ma anche come referente formale, visivo, per ideare lo stile del film.

Analizzeremo nei due prossimi paragrafi questa doppia ispirazione freudiana in Shining: prima ci occuperemo di rintracciare casi di perturbante nel film derivati direttamente dal saggio del 1919, poi illustreremo come lo studio del filosofo viennese abbia influenzato in modo forte anche la forma del film.