Arancia Meccanica
Home > Opere > Corti e film > Arancia Meccanica > Articoli: La censura italiana
La censura italiana
L'assoluzione di Arancia Meccanica per il reato di oscenità, sentenza del 1973

Non è mancato, anche per L'arancia Meccanica, chi - trascurando l'imbecillimento che quotidianamente diffondono film stupidi e di quart'ordine - ha creduto di denunciare per oscenità il film all'autorità giudiziaria. Ne è venuta, a Milano su richiesta del Pubblico Ministero De Liguori, una sentenza di assoluzione del Giudice Istruttore Mitelo che riteniamo utile pubblicare per esteso perché, al di là del linguaggio giuridico e di alcune opinioni di carattere critico-estetico che possono o no coincidere con quelle di ciascuno di noi, ci sembra trattarsi di una sentenza di estremo interesse proprio nel momento in cui si parla - sembra in modo piĆ¹ concreto del solito, finalmente, dopo undici anni - dell'abolizione della censura.

In attesa di discutere a fondo del problema dell'abolizione della censura, censura che é - a mio parere - da sempre in vigore "malgrado" la Costituzione, che non la giustifica e non lo vuole; ma del problema del codice penale in rapporto non tanto e non solo all'opera d'arte, ma in rapporto alla libertà di pensiero e di espressione, una presa di posizione come quella del giudice milanese è un segno indubbiamente incoraggiante. Avessero avuto il coraggio anche gli autori a combattere veramente, coi fatti, la censura amministrativa, in questi anni.

Giacomo Gambetti, Cineforum 199, Gennaio 1973

 
La sentenza
 

Il PM, letti gli atti relativi all'esposto del Dott. Eugenio Benedetti inerenti il film L'arancia meccanica, presa diretta visione della pellicola in esame, osserva quanto segue:

"l'autore narra, nella sua opera, le disavventure di un giovane che passa il suo tempo, come capo di un terzetto di drogati, a commettere prepotenze, brutalità e violenze del tutto gratuite ed ingiustificate. Durante la proiezione si assiste a scene di violenza, lesioni, percosse, sangue... tanto sangue; nudi di donne, stupri etc. etc., ma tutto ciò a parere dello scrivente non integra assolutamente l'ipotesi delittuosa di cui all'art.528 c.p. né altra che si vorrebbe ipotizzare. La pellicola infatti è tutta percorsa e pervasa da un sottile velo satirico-grottesco che annebbia le scene più "crudeli" facendone sfumare i contorni e stimolando lo spettatore a ridere amaramente delle disavventure di questo ragazzo preso e stritolato da una società che è violenta in tutti i livelli. Le immagini che si susseguono, ora con un ritmo frenetico alla "ridolini", ora con un "rallenty" quasi esasperato, non indulgono né si compiacciono minimamente di mostrare allo spettatore alcunché possa offendere il comune senso del pudore.

In altri termini, com'è giurisprudenza costante della Cassazione, un'opera cinematografica di indiscutibile pregio artistico com'è quella in esame, nella quale vengono inserite manifestazioni di sensualità e di violenza in perfetta coerenza logica e narrativa con il tema svolto e per fini oserei dire moralizzatori, non può certamente essere considerata oscena. In definitiva il film ipotizza una società (proiettata nel futuro a giudicare dalle strutture tecnologiche) nella quale la violenza è in definitiva coltivata ed accettata da tutti, anzi in taluni casi è strumentalizzata dai centri di potere (il governo) a fini di propaganda settoriale e personale (il ministro degli interni).

In un tale contesto sociale deve essere interpretata l'intera vicenda. Alla migliore comprensione dell'opera torna utile richiamare la teoria della dinamica della aggressività: in qualsiasi gruppo sociale, la condotta del singolo corrisponde, nella media, alle domande ed alle attese degli altri e l'adeguamento della condotta individuale alle attese collettive conferisce alla prima il carattere di condotta legittimata. Ne consegue quindi che in una società violenta è normale comportarsi con violenza. Infatti se il giovane protagonista è indubbiamente un violento, violenti sono i suoi genitori che lo cacciano di casa e violente in definitiva sono le sue vittime: i vagabondi, gli amici poliziotti, il vecchio paralitico, e violento è in definitiva lo stesso governo che attraverso una cura pseudo scientifica, coarta la personalità e la psiche stessa dei suoi cittadini quando vuole curare la delinquenza annullando la personalità dei "pazienti".

Il regista non esprime palesemente dei giudizi, lascia allo spettatore di dire una parola conclusiva sulle conseguenze di un contesto sociale così strutturato. Lo spettatore quindi non esce certamente scandalizzato né offeso nel suo senso di pudore, ma si sente indotto a riflettere e perché no, anche a migliorare.

P.Q.M.
Chiede che il Giudice istruttore in sede, voglia pronunziare, per le ragione suddette, decreto di non doversi promuovere l'azione penale, non ravvisandosi nelle scene e nel contesto del film L'arancia meccanica, estremi di reato".

IL GIUDICE ISTRUTTORE

"Osserva: le accuse da più parti rivolte riguardano le scene di oscenità e di violenza. Quanto alle prime, non possono reputarsi oscene le nudità femminili e le congiunzioni carnali quando le une e le altre sono ottenute con la forza: l'istintiva umana avversione alla violenza impedisce nello spettatore il risvegliarsi della sensualità, cui può invece indurre solo una spontanea voluttuosa mostra o offerta del nudo. La ripugnanza per la violenza prevale in altri termini sulla sensualità annullandola.

Ricorrono invero nel film anche scene di consensuali congiungimenti carnali (fra il medico e l'infermiera, tra Alex e le due ragazze, tra Alex e la donna del sogno), ma nel primo caso non si assiste all'atto sessuale che è soltanto intuito e negli altri due casi le relative scene si svolgono rispettivamente alla "ridolini" ed al "rallenti", divenendo così irreali e quindi inidonee a suscitare lussuria o libertinaggio."

"Quanto alle scene di violenza il discorso è diverso. E' vero che ne ricorrono, ma esclusivamente nella prima parte del film, quando cioè è necessario, anzi indispensabile mostrare la personalità del protagonista nella sua più spietata, brutale espressione al solo scopo però di meglio far risaltare nella seconda parte il suo diverso comportamento sociale, alieno da ogni forma di violenza, quale effetto di un trattamento terapeutico cui è stato sottoposto. Dette scene non sono pertanto fine a se stesse e tanto meno mirano ad una apologia della violenza: esse entrano invece con carattere di necessità nell'economia dell'opera, in perfetta coerenza logica e narrativa col tema svolto dal regista. E' ben vero che la trasformazione del protagonista non è determinata da una libera scelta, ma dalla applicazione del predetto trattamento terapeutico che gli fa venire la nausea appena avverte il ritorno dello stimolo della violenza, ma ciò, se impedisce di conferire dei meriti, non significa affatto che dalla violenza ci si può salvare solo per effetto di un metodo scientifico. Anzi, questo metodo, poiché solo "meccanicamente" (Arancia meccanica) doma nel protagonista l'istinto della violenza, si rivela in definitiva un fallimento sotto il profilo sociale e morale perché non gli impedisce di tornare a male operare, come quando non resiste alla tentazione di accettare la proposta fattagli da un Ministro di essere strumentalizzato a fini politici. Ciò sta sostanzialmente a significare che, ove il mutamento della condotta umana non è il risultato di una libera scelta, di una decisione presa con la profonda convinzione della sua rispondenza ad un più corretto sistema di vita, di un profondo discernimento insomma tra il male da ripudiare ed il bene da accettare, è sempre un mutamento effimero inesorabilmente destinato a naufragare ed a cedere alla prima tentazione del male. In ciò il film rivela un insospettabile intento moralizzatore.

Né le scene, dunque, né il tema svolto integrano l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 528 C.P. né di altro reato.

P.Q.M.
Letto l'art. 74 C.P.P.; su conforme richiesta del P.M.
DECRETA
Di non doversi promuovere l'azione penale in ordine al sopracitato esposto non ravvisandosi nel film L'arancia meccanica gli estremi di alcun reato ed ordina l'archiviazione degli atti."

Cineforum 199, Gennaio 1973
Per gentile concessione di Alberto Piroddi, Effetto Cinema
-
Argomenti correlati
. Il contrattacco di un liberale: un articolo che accusa Arancia Meccanica di fascismo.
. Ora è Kubrick a contrattaccare: la risposta del regista alle accuse di fascismo per Arancia Meccanica
 
Caleidoscopio
Home > Opere > Corti e film > Arancia Meccanica > Articoli: La censura italiana