Torna all'home page
Domenica 18 Luglio 2004

Benvenuto su Puntosiena!


Cerca nel sito
Scrivici scrivi a redazione@puntosiena.it per dire la tua!
 
Cinema: Primo piano
7 Marzo 2001: Odissea nello Spazio
"In 1968 it was beyond the time. Now, its time has come."
Nell'anno definitivo e nell'anniversario della morte di Stanley Kubrick, torna nelle sale italiane il capolavoro assoluto della storia del cinema, per la prima volta nello splendore della pellicola 70 mm, in una copia restaurata dal British Institute. Un viaggio nel futuro, ormai presente, ma anche un ritorno al passato.


Dopo la presentazione in Gran Bretagna e la proiezione al Festival di Berlino come evento di chiusura, arriva anche in Italia, distibuito dall'Istituto Luce (che, unico, si è accaparrato i diritti dalla Warner, ridistributrice del film ora che la MGM non esiste più) il cult movie di Stanley Kubrick, "2001: Odissea nello Spazio", pietra miliare della storia del cinema, opera di fantascienza filosofica che ha chiuso un genere e aperto immensi orizzonti alla conoscenza.

L'occasione è di quelle che stringono il cuore perché la riedizione arriva proprio nell'anno fatidico e nel giorno (7 marzo) in cui due anni fa moriva il geniale cineasta. Ulteriore motivo di interesse (se mai ci fosse bisogno di un altro stimolo per gustarsi al cinema questa esperienza totale) è la ristampa pel positivo eseguita direttamente dal negativo originale del 1968: il film era stato girato in due differenti formati e la versione che il British Institute ha restaurato deriva dalla copia in Supercinerama 65 mm, producendo quindi fotogrammi larghi 70 mm di avvolgenti immagini. Unica pecca (ma non certo del film) è che in Italia l'unico proiettore che supporta la pellicola 70 mm si trova al Multiplex Arcadia a Melzo, nella periferia di Milano. In tutta la penisola il film sarà quindi distribuito in una versione riadattata in 35 mm, perdendo purtroppo molto in definizione dei particolari.

I kubrickiani troveranno naturale arrivare fino a Melzo, ma anche per tutti gli altri è una meta da raggiungere in ogni modo (quasi un dovere morale) anche perché è prevista la partecipazione di Jan Harlan, genero di Kubrick e produttore di tutti i suoi ultimi film, che presenterà il documentario inedito da lui realizzato "Stanley Kubrick: a life in pictures", dopo la premiere di Berlino, che raccoglie le testimonianze di numerosi collaboratori e amici del regista e mostra immagini mai viste e private del genio (già si favoleggia sulla sequenza di Stanley bambino che suona il pianoforte con la sorella), per sfatare la leggenda del regista-tiranno, paranoico e intrattabile.

Il film è esattamente come lo aveva inteso Kubrick: il British Institute ha restaurato il negativo originale del 1968 e ha ricavato nuove copie in 70 mm, riscoprendone tutti i minuziosi particolari delle immagini che avevano fatto vincere al film un Oscar agli effetti speciali e che restano tutt'oggi di una perfezione insuperata e assolutamente sbalorditiva se si pensa che sono stati realizzati senza l'ausilio di computer ma solo tramite effetti ottici. In più, il film è introdotto (per lo meno all'Arcadia e per lo meno all'anteprima del 7 marzo lo è stato) da 2 minuti e 49 secondi del brano "Atmospheres" di Gyorgy Ligeti su schermo nero e mantiene la scritta "intermission" (intervallo, ma anche in mezzo alla missione...) tra il primo e secondo tempo, accompagnata dalla "Gayane Ballet Suite" di Aram Khachaturian esattamente come veniva ascoltata (su indicazione di Kubrick) dal pubblico nelle sale nel 1968 (moltiplicazione del tempo passato nello spazio e creatrice di parallelismi tra il pubblico e gli astronauti, dato che questo brano commentava anche le scene di vita all'interno della Discovery).

Un'operazione che non ha nulla a che fare con le logiche di mercato (o ad essere leggermente maliziosi, che nasconde alla perfezione i desideri di profitti grazie alla particolare combinazione astrale dell'anno in corso) ma che diventa veramente filologica, un recupero e una resurrezione dell'opera originale: l'audio ad esempio è stato ripulito (e nelle scene dello spazio si è davvero immersi nel vuoto anche sonoro) ma non trasformato in digitale o rimasterizzato; sono state invece mantenute le sei piste magnetiche, con un suono stereofonico tutto frontale, che spazia da destra a sinistra e che deve aver fatto urlare di stupore gli spettatori degli anni '60 per la novità dell'effetto.

Quindi, un viaggio nel futuro, ormai presente, che è anche un ritorno al passato e che (ri)porta la mente e i sensi nei dintorni di Giove e oltre l'infinito.

Del valore artistico, filosofico e cinematografico dell'opera non ne parlerò assolutamente (soprattutto per questioni di spazio) mentre meritano alcune considerazioni gli aspetti puramente tecnici di questa copia restaurata: la grandezza della pellicola consente di osservare particolari infinitesimali (i peli delle scimmie, gli steli della rara erba della savana, le viti sulle astronavi, le istruzioni della "Zero Gravity Toilet" ecc) e mostra quanto abile sia stato Kubrick a confezionare un'opera di perfezione assoluta con metodi (si può dire, anche se aveva a disposizione un budget ragguardevole) artigianali.

Allo stesso tempo, questa pulizia e precisione delle immagini svela i trucchi usati per simulare l'assenza di gravità (come il vetro rotante a cui è stata incollata la penna fluttuante del dottor Floyd, reso visibile da alcuni granelli di polvere posatisi su di esso e finiti quindi per ruotare innaturalmente nella stessa direzione della penna, o anche da un paio di riflessi della hostess in arrivo) o le persone in movimento all'interno delle astronavi visibili dalle finestre di quest'ultime (che oscillano e rivelano di non essere altro che frammenti di fotogrammi segmentati e incollati nelle cornici delle finestre). Queste imperfezioni, rese visibili dalla perfezione della copia, non sminuiscono certo il valore del film (anche quello più bassamente tecnico e ingegneristico) ma, anzi, ce lo rendono più simpatico e meno freddo di come alcuni lo hanno sempre visto, costringendoci poi anche a tributare a Kubrick una notevole capacità di ingegno creativo nel risolvere problemi, oltre che una (ormai consueta) smisurata arte, nel senso più vasto del termine.

Per quanto riguarda l'audio, le sei piste stereo consentono di posizionare esattamente ogni emissione sonora in corrispondenza dell'immagine (che ne sarebbe la sorgente); la cosa più affascinante è che ad ogni stacco di montaggio e cambio di inquadratura la posizione del suono si sposta seguendo i movimenti delle sorgenti (e succede anche con le voci dei personaggi, che invece in tutti i film restano sempre centrali, non curanti dei percorsi che gli attori compiono) posizionando prepotentemente lo spettatore all'interno della scena filmata. Non era per nulla casuale la tag-line originale "The ultimate trip".

Un nuovo trailer presenta il film, sostanzialmente un montaggio di alcune delle più belle immagini al ritmo di "Also sprach Zarathustra" di Richard Strauss, preceduto dalla suggestiva frase "Nel 1968 aveva precorso i tempi. Ora, il suo tempo è arrivato." Ed è di nuovo tempo (presente, passato, futuro) di seguire l'evoluzione umana stimolata dall'intelligenza aliena, dagli stenti delle scimmie erbivore alle glorie dell'intelletto umano (sempre sotto il segno della violenza e della sopraffazione), di prendere parte alla missione verso Giove e assistere agli omicidi di HAL, fino a rinascere in feti astrali, in un percorso di allontanamento e ritorno alla Terra, una perfetta odissea come ci hanno insegnato Omero e i miti greci.

E la nuova locandina ci dice che Non ci sono stati altri viaggi. Definitivo.

Di Filippo Ulivieri
Torna indietro

Invia questo articolo a:


Tuo nome:
E-mail:


Tua E-mail:
        © 2000-01 by Puntosiena. Per info o segnalazioni info@puntosiena.it