Michael Herr su Kubrick
Domenica scorsa, in occasione della pubblicazione italiana della sua biografia Mr Winchell, lo scrittore Michael Herr è stato intervistato per La Domenica di Repubblica. In un articolo di due pagine, Herr racconta sì il suo lavoro per il libro sul primo cronista gossip degli Stati Uniti ma anche e soprattutto il suo rapporto conflittuale con l'esperienza in Vietnam e naturalmente la sua collaborazione con Kubrick per la sceneggiatura di Full Metal Jacket.
"Full Metal Jacket fu in assoluto la fine della linea del fronte del Vietnam per me, la guerra smise di seguirmi dopo tanto tempo," dice. Comprese le attuali guerre in Iraq e Afghanistan. "Non credo alle nostre guerre e non le sostengo. Non seguo i reportage da quei fronti. In realtà non sono interessato alla guerra come soggetto e non seguo molto l'attualità. Niente tv, niente quotidiani, poche riviste e soprattutto su Internet."Interessante anche l'introduzione alla biografia appena uscita: raccontando la genesi di un libro che lui vedeva più come una sceneggiatura che come una biografia classica e indagando le ragioni per cui fu scartato dai produttori cinematografici, Herr dà una lezione di scrittura per il cinema non comune per uno scrittore che ha flirtato con la settima arte per sole due volte:
Esattamente trent'anni fa, a maggio del 1979, Apocalypse Now vinse la Palma d'oro al Festival di Cannes. Per Herr, due o tre vite fa. "Lavorai ad Apocalypse Now dopo averne visto un breve estratto che trovai fantastico. Ma la ragione principale era che volevo lavorare con Coppola che ammiravo e che mi piacque fin dal primo incontro. Era un progetto di cui volevo essere parte e non mi pentii neanche un secondo di averlo fatto."
Le cose andarono allo stesso modo quando lo chiamò Kubrick. Ma stavolta fu qualcosa di più di un semplice sodalizio artistico. "Non fu mai una questione di soldi. Volevo lavorare con Stanley Kubrick, credevo molto nel progetto. Fin dal nostro primo incontro e per i sei anni che seguirono parlammo di Jung e dell'Ombra. Penso che sia una presenza molto attiva in quasi tutto quello che ho scritto, alla fonte di ogni violenza nel mondo. Rappresenta l'atto di repressione nel comportamento umano. La gente ha sempre una spiegazione razionale, ragionevole, per la violenza che commette. Ma io penso che venga sempre dal lato oscuro..."
L'uomo che raccontò il Vietnam, Dario Olivero, La Domenica di Repubblica, 19.04.2009
Scrivere sceneggiature è una disciplina che impone di subordinare il linguaggio alle immagini. La scrittura descrittiva presente nelle sceneggiature assomiglia più a un diagramma che a un racconto; si tratta di note per il regista, che ne fa il suo strumento di lavoro. Lo scrittore può dare tutte le indicazioni che vuole sul grado di emozione che deve trasparire da una certa battuta, su ciò che riguarda il corpo, l'abito di scena o la luce, ma non può realizzare una messa in scena. E per quanto si possano decantare la potenza e la bellezza di quei brevi frammenti disposti sulla pagina, capaci di riassumere ampie parti di trama che si sviluppano nel corso del tempo, il montaggio è un'esclusiva dei film. [Nella prima stesura di Mr Winchell,] invece di subordinare il linguaggio alle immagini, mi [ero] limitato a sublimarlo, e per giunta senza troppa convinzione. [Ora,] sono riuscito a plasmare il linguaggio in scene per lo più molto brevi, e a far fluttuare le scene sul dialogo; un dialogo animato, da film, almeno nelle mie intenzioni. In Mr Winchell, il dialogo è l'azione, o la maggior parte dell'azione.
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